“Il contraddittorio tra le parti dovrebbe svolgersi sempre nell’adesione sincera a ciò che per ognuno appare come vero, senza chiudersi nella propria visione, ma essendo aperti anche al contributo degli altri partecipanti al processo”. Ne è convinto il Papa, che ricevendo in udienza i membri del Tirunale della Rota Romana, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, si è soffermato sull’obiettivo di “ricerca condivisa della verità”, che “deve caratterizzare ogni tappa del processo giudiziario”. “La disponibilità ad offrire la propria versione soggettiva dei fatti diventa fruttuosa nel quadro di un’adeguata comunicazione con gli altri, che sa arrivare anche all’autocritica”, ha spiegato Francesco, secondo il quale “non è ammissibile una qualsiasi volontaria alterazione o manipolazione dei fatti, volta a ottenere un risultato pragmaticamente desiderato”. “Non è un negoziato”, ha aggiunto a braccio: “Ciò vale per le parti e i loro patroni, per i testi chiamati a dichiarare secondo verità, per i periti che devono mettere al servizio del processo la loro scienza, nonché in modo singolare per i giudici”. L’amministrazione della giustizia nella Chiesa, ha ricordato infatti il Papa, “è una manifestazione della cura delle anime, che richiede sollecitudine pastorale per essere servitori della verità salvifica e della misericordia. Questo ministerium veritatis assume un peculiare rilievo nei vescovi, quando giudicano in prima persona, soprattutto nei processi più brevi, nonché quando esercitano la loro responsabilità nei confronti dei propri tribunali, mostrando anche così la loro sollecitudine paterna nei confronti dei fedeli”.