“Ci troviamo di fronte ad una de-umanizzazione dell’altro, anche da parte di quelli che assistono e anziché intervenire filmano. Nel gruppo la vittima viene visualizzata come ‘altro’ rispetto ai componenti del gruppo stesso. Un capro espiatorio per la propria rabbia”- Dunque nessuna empatia o percezione della sofferenza provocata: “la de-umanizzazione è sempre la precondizione per la violenza: una sorta di dissociazione che ‘legittima’ l’abuso”. A spiegare in un’intervista al Sir i meccanismi che sottostanno alle violenze di gruppo nei confronti delle donne – come le aggressioni di Capodanno a Milano o gli stupri a Primavalle di cui sono stati arrestati in questi giorni gli autori – è Maria Beatrice Toro, psicoterapeuta e docente di psicologia di comunità presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium.
“Scontiamo la scomparsa dell’educazione – afferma -, dell’educazione ai sentimenti, al rispetto dell’altro e della donna. Nessuno oggi insegna l’affettività e il rapporto con le emozioni. La prima ‘scuola’ dovrebbe essere la famiglia, ma anche la scuola ha un compito importante. Però i corsi antibullismo e antiviolenza, così come sono articolati, lasciano il tempo che trovano. Anziché interventi di esperti in aula – e lo dico da persona che viene invitata in molte scuole – ha molto più senso” organizzare “un paio giornate di volontariato esponendo i ragazzi a quello che è il mondo reale e che loro, tranne rare eccezioni, non conoscono; una visita ad un centro antiviolenza o in un ospedale per far loro toccare con mano che cos’è la sofferenza e la fatica di molte persone”. Tuttavia Toro non si nasconde che il meccanismo di base della violenza di gruppo, il cosiddetto “in-group” (gruppo di noi) e “out-group” (gruppo di loro) ritenuto estraneo e nemico, che contrappone aggressori e vittime ed è il meccanismo alla base della guerra, “in una prospettiva più ampia è il problema del nostro tempo: la polarizzazione che stiamo vivendo in diversi ambiti della società e che predispone alla de -umanizzazione dell’altro ed allo scontro”.