“Mai condannare un figlio!”. Anche quando dei genitori “vedono orientamenti sessuali diversi nei figli”, bisogna chiedersi “come gestire questo e accompagnare i figli, e non nascondersi in un atteggiamento condannatorio”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata alla figura di San Giuseppe, uomo che sogna. ”Anche la paura fa parte della vita e anch’essa ha bisogno della nostra preghiera”, ha spiegato Francesco: “Dio non ci promette che non avremo mai paura, ma che, con il suo aiuto, essa non sarà il criterio delle nostre decisioni. Giuseppe prova la paura, ma Dio lo guida attraverso di essa. La potenza della preghiera fa entrare la luce nelle situazioni di buio”. “Penso in questo momento a tante persone che sono schiacciate dal peso della vita e non riescono più né a sperare né a pregare”, il riferimento del Papa: “San Giuseppe possa aiutarle ad aprirsi al dialogo con Dio, per ritrovare luce, forza e pace”. Poi Francesco ha proseguito a braccio, elencando diverse situazioni di difficoltà in cui possono trovarsi le famiglie: “E anche penso ai genitori davanti ai problemi dei figli: figli con tante malattie, i figli ammalati, anche con malattie permanenti, quanto dolore… Genitori che vedono orientamenti sessuali diversi nei figli: come gestire questo e accompagnare i figli, e non nascondersi in un atteggiamento condannatorio. Genitori che vedono i figli che se ne vanno nella malattia, e anche, cosa più triste – lo leggiamo tutti i giorni sui giornali – ragazzi che fanno delle ragazzate e finiscono in un incidente con la macchina. Genitori che vedono i figli che non vanno avanti nella scuola… Tanti problemi dei genitori, pensiamoci a come aiutarli”. “Ai genitori dico: non spaventatevi!”, ha detto il Papa ancora a braccio: “C’è dolore, tanto, ma pensate al Signore, a come ha risolto i problemi Giuseppe e chiedete a Giuseppe che vi aiuti”. “Mai condannare un figlio!”, l’imperativo sempre fuori testo, a cui ha fatto seguito un racconto del periodo in cui Bergoglio era vescovo a Buenos Aires: “Quando andavo nel bus e passavo davanti al carcere, c’era la coda delle persone che dovevano entrare per visitare i carcerati, e c’erano le mamme lì. Mi faceva tanta tenerezza: questa madre davanti a un figlio che ha sbagliato, non lo lascia solo, ci mette la faccia. Il coraggio del papà e della mamma che accompagnano i figli sempre. Chiediamo il Signore che dia loro il coraggio, come lo ha dato a Giuseppe”.