Gli occhi sorridenti del padre negli occhi sorridenti del figlio e viceversa erano nella prima immagine che i media avevano pubblicato nelle scorse settimane per raccontare la storia di Munzir e Mustafa Al Nazzal. Il piccolo era nato senza arti perché la mamma Zeinab aveva respirato il gas sarin durante un attacco chimico e questo provocò gravissimi danni al feto. Nello stesso attacco il marito perse una gamba.
Guardando la foto erano venute e oggi tornano alla mente le parole di una canzone: “Un padre e un figlio con un solo abbraccio squarciano il tempo vanno oltre lo spazio…”. Così è accaduto, così sta accadendo. La storia di Munzie e Mustafa è come uno spazzo di azzurro in un cielo carico di nuvole come è quello su gran parte del mondo e in particolare sul loro Paese.
Ora si è aperto un nuovo capitolo e nelle prime pagine si leggono le parole dell’ingegnere Gregorio Teti, direttore tecnico del centro protesi Inail di Budrio dove padre e figlio saranno assistiti: “Il nostro lavoro ruota attorno alle persone che affidano a noi la loro vita, la ricompensa più grande è il loro sorriso. Forse non dovrei dirlo ma per migliorare le nostre protesi ci perdiamo il sonno”.
È un anello splendido che si aggiunge a quelli che hanno formato e formano la catena di umanità alla quale si era affidata e si affida la famiglia siriana.
Il primo è stato quello di Mehmet Aslan con la fotografia dal titolo “Hardship of life”, la difficoltà della vita che ritraendo i due sorrisi ha vinto il “Siena international photo awards” e ha aperto la gara di solidarietà che ha permesso, grazie al direttore artistico Luca Venturi, di raccogliere la somma necessaria per gli interventi. La comunità diocesana senese ha accolto con un abbraccio la famiglia siriana e l’accompagnerà durante e dopo il percorso che l’attende al centro di Budrio. In questa accoglienza di diversità c’è la condivisione dell’appello di papa Francesco a essere “fratelli tutti”
È un inno alla vita quello venuto da due volti e da quelli che si sono aggiunti in questi giorni completando un affresco di umanità, di fraternità, di speranza.
La storia di Munzir e Mustafa va oltre se stessa, apre riflessioni attraverso le immagini di bimbi e genitori che soffrono e muoiono nel gelo di una foresta, fra le onde di un mare, nello scoppio di bombe.
La gioia per un esito positivo di una vicenda dolorosa mantiene tutta la sua bellezza e proprio per questo diventa anche un monito: la gioia non è un’esperienza individuale o di pochi, viene da una fraternità aperta, non viene solo dalla storia di qualcuno ma dalla storia di tutti. Munzir e Mustafa con i loro sorrisi hanno fatto crescere questa consapevolezza.
Paolo Bustaffa