Myanmar: almeno 35 civili massacrati in un villaggio del Kayah. I loro corpi bruciati e mutilati ritrovati a Natale. Il grido del card. Bo, “spregevole atto di disumana barbarie”

(Foto ANSA/SIR)

Il massacro di almeno 35 civili innocenti nel villaggio di Mo So, Hpruso, nello stato di Kayah (Kareni). I loro corpi “uccisi, bruciati e mutilati sono stati trovati il ​​giorno di Natale”. A dare la notizia è il card. Charles Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza dei vescovi birmani. “È un’atrocità straziante e orribile che condanno pienamente e senza riserve con tutto il cuore”, scrive l’arcivescovo. “Addolorato, prego con fervore per le vittime, i loro cari e i sopravvissuti a questo indicibile e spregevole atto di disumana barbarie. Il fatto che i corpi di coloro che sono stati uccisi, siano stati bruciati e mutilati e siano stati trovati il ​​giorno di Natale, rende questa spaventosa tragedia ancora più commovente e nauseante. Mentre gran parte del mondo celebrava la nascita di nostro Signore Gesù Cristo, la gente del villaggio di Mo So ha subito il terribile shock e il dolore di un atto oltraggioso di disumanità. Come molti di noi hanno celebrato la luce e la vita del Principe della pace, così tanti in Myanmar hanno sopportato l’oscurità della morte e della distruzione”. Da quando il Myanmar è caduto sotto il regime militare con il colpo di Stato del 1 febbraio scorso, il Paese – scrive da Yangon il cardinale – “è ora una zona di guerra”. E aggiunge: “Alla vigilia di Natale è arrivata la notizia che gli attacchi aerei nello stato di Kayin (Karen) avevano costretto migliaia di persone a fuggire oltre il confine con la Thailandia”. Ma la “lista” delle atrocità purtroppo è lunga: “Prego per la gente di Lay Kay Kaw. Allo stesso modo, Thantlang nello stato di Chin ha subito ripetuti bombardamenti, attacchi armati e distruzioni, così come tante altre parti del paese. Sono tutte tragedia che sono nel mio cuore e nelle mie preghiere”. “Quando finirà? Quando cesseranno decenni di guerra civile in Myanmar? Quando potremo godere della vera pace, con giustizia e vera libertà? Quando smetteremo di ucciderci l’un l’altro?”, chiede il card. Bo. “Fratelli che uccidono fratelli, sorelle che uccidono sorelle: questa non potrà mai, mai essere una soluzione ai nostri problemi. Pistole e armi non sono la risposta”. Il comunicato diventa a questo punto un appello disperato. “Faccio appello a tutti coloro che hanno armi da fuoco affinché depongano le armi”, scrive l’arcivescovo. “Esorto l’esercito del Myanmar, il Tatmadaw, a smettere di bombardare e colpire persone innocenti, distruggere case e chiese, scuole e cliniche, e ad avviare un dialogo con il movimento democratico e i gruppi armati etnici. Chiedo inoltre ai gruppi armati e alla Forza di difesa del popolo (Pdf) di riconoscere che le armi non risolvono la crisi ma piuttosto la perpetuano, causando più morti, più fame, con conseguenze devastanti per l’istruzione dei nostri figli, la nostra economia e la salute”. “La soluzione e la ricerca della pace è dentro di noi e tra noi, cari fratelli e sorelle in Myanmar”, scrive Bo. “Mentre facciamo appello alla comunità internazionale per chiedere aiuto – preghiere, solidarietà, assistenza umanitaria e sforzi diplomatici per aiutarci a porre fine ai tragici conflitti e cercare pace e giustizia – sappiamo che ciò che le organizzazioni internazionali e multilaterali possono fare è limitato. Non possono risolvere i nostri problemi per noi. Dobbiamo fare la pace noi stessi e insieme tracciare un nuovo futuro di libertà con giustizia, verità e riconciliazione”. “Ripeto – conclude l’arcivescovo –: invito i militari a smettere di bombardare, colpire e uccidere. Invito il movimento per la democrazia e i gruppi etnici armati a lottare seriamente per la pace. E prego dal profondo del mio cuore per la fine delle tragedie che abbiamo visto negli ultimi giorni e settimane e per troppi anni e decenni. Che una nuova alba inizi per il Myanmar e che le anime di coloro che sono stati così brutalmente assassinati riposino in pace”.

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