“Ogni anno la celebrazione del Natale del Signore colma di attesa, di gioia e di meraviglia il nostro animo. Il Bambino deposto nella mangiatoia di Betlemme provoca stupore e anche inquietudine interiore, dal modo come è onorato dalla Vergine Madre e custodito dal padre adottivo Giuseppe, da come è adorato dai pastori e dai magi e, ancor di più, esaltato e glorificato dagli angeli osannanti”. Lo scrive, nel suo messaggio per Natale, mons. Orazio Soricelli, arcivescovo di Amalfi-Cava de’ Tirreni.
“Questi atteggiamenti – precisa il presule – sono una vera sfida per far luce sull’identità di questo Bambino. Egli, nonostante la sua grande povertà e umiltà, è l’Emmanuele, il Dio con noi, il principe della pace, il segno della speranza; è la luce che risplende nelle tenebre; è il segno eloquente dell’amore del Creatore per le creature; è l’irruzione della novità, di fronte alla monotonia di una umanità rassegnata e inerme dinanzi alle esigenze della storia; è Colui che inaugura un’era nuova all’insegna della comunione tra gli esseri viventi, nel rispetto reciproco e dell’habitat cosmico; è il demolitore dei muri divisori, è il collante di rapporti sinceri, purificati dalla superbia e dall’indifferenza”.
Mons. Soricelli prosegue: “In questo nostro tempo segnato dalla pandemia, animati dal desiderio di uscire dalla tristezza, dalla paura e dall’inquietudine, intravediamo, nell’accoglienza del divino Bambino maggiore opportunità di speranza e di salvezza. La guida saggia e lungimirante di Papa Francesco ha indicato all’intero corpo ecclesiale, per i prossimi anni, di seguire il cammino sinodale, ponendoci sui passi del Bambino di Betlemme che ci ha voluti suoi familiari all’interno della Chiesa”.
Alla sua sequela “ci sentiamo sospinti a dilatare il suo regno nella storia, fondato sulla solidarietà e sulla giustizia, rifiutando la logica dello scarto, e orientati dal valore della fraternità, quale ‘antidoto a muri e fili spinati’, come ci ha indicato il Santo Padre, nel suo recente viaggio in Grecia”.
Di qui l’augurio “di sapervi afferrati dal suo sguardo suadente, di essere una sola cosa con Lui, unica speranza di cui sono assetati oggi i deserti del mondo”. “L’incontro personale con Cristo, accolto nel nostro cuore, effonda su tutti, e in modo speciale su quanti soffrono a causa della malattia, dell’indigenza e della solitudine, abbondanza di luce, gioia, pace e speranza, nel desiderio forte di sognare e camminare insieme”, conclude l’arcivescovo.