“Gesù viene in un contesto storico in cui, a motivo della nostra fede e della nostra esperienza cristiana, questo può diventare il migliore Natale della nostra vita: se infatti siamo capaci di togliere la ‘mascherina’ dell’ipocrisia, saremo capaci di riconoscere la Sua visita strana ma sincera e ci si svelerà il mistero che la Sua nascita porta con sé”. È quanto scrive nel suo messaggio di Natale, diffuso oggi, mons. Francesco Massara, arcivescovo di Camerino-San Severino Marche e vescovo di Fabriano-Matelica. Nel testo il presule rimarca come “ci troviamo nell’imminenza di un Natale ancora segnato dal protrarsi della pandemia e dalla carenza di quei gesti spontanei di prossimità ai quali eravamo abituati. Sempre più spesso, veniamo circondati dai segni di una felicità artificiale, quasi avessimo bisogno di un anestetico per stordire i nostri dolori esistenziali”. Nonostante ciò “augurarsi Buon Natale ha ancora un senso”. Dio, ricorda mons. Massara, “nasce nel modo più ordinario e banale possibile, senza effetti speciali o luci artificiali. Ospitarlo e rimetterlo al centro della nostra vita è ciò che ci permette di trovare le ragioni di quei valori che altrimenti rischiano di essere solo slogan vuoti, o parole al vento”. Mons. Massara dedica un pensiero di auguri alla famiglia per la quale, scrive, “sembra non esserci più posto nel mondo. Nella società dell’ipermercato, dove tutto è ormai merce di scambio, sii attenta a non lasciarti rubare la speranza di essere ancora il luogo dell’accoglienza e del gusto essenziale della vita in cui si alimenta il bisogno di amare e di essere amati”. La preghiera del vescovo è anche per le donne vittime di violenza, “di quell’aggressività che non fa rumore, né provoca lividi, ma lascia sempre il cuore e la mente a pezzi. Prego affinché abbiate il coraggio di gridare forte, e il vostro grido d’aiuto non resti ancora per troppo tempo inascoltato”; per i coniugi separati, “Come comunità di credenti, sentiamo di condividere con voi il vostro dolore che ci tocca profondamente perché investe qualcosa che riguarda tutti, cioè l’amore inteso come il sogno e il valore più grande della vita”; per i malati e per chi ha il cuore ferito pensando alle carezze perdute e agli abbracci mancati; per i medici, infermieri, operatori sanitari e volontari che “con il vostro servizio e le vostre amorevoli cure, ci ricordate che la vita è un valore da benedire e custodire sempre, anche nel momento del dolore e della sofferenza”; per i disoccupati e terremotati: “non stancatevi di reclamare la giustizia della ricostruzione e di un lavoro dignitoso!; per i profughi e immigrati: nessuna stella è apparsa per guidarvi lungo il vostro difficile peregrinare. Il mio desiderio è che almeno per questo Natale, vi sia un posto nel nostro mondo dove possiate vivere ed essere accolti e rispettati nella vostra dignità; per i, paesi e città dell’Occidente: “Spesso, a Natale indossate l’abito di gala per nascondere, sotto i lustrini scintillanti e le dolci melodie natalizie, l’amara sensazione di una festa senza il Festeggiato e di un mondo senza Dio. Mi auguro che, sotto questa coltre di apparenza, continui ad esserci tra voi qualcuno che abbia il coraggio di ricordarvi che Cristo è venuto in mezzo a noi per smascherare ogni ideologia e per offrire ad ogni creatura umana la possibilità di riconoscersi figlio e fratello nel Figlio di Dio”. L’ultimo augurio è per la “Chiesa in cammino come la Santa Famiglia di Nazareth: che tu possa uscire dal recinto di una ‘fede’ spesso praticante ma non credente, e sii sempre più sinodale, in uscita, aperta al dialogo e all’ascolto reciproco. Ti auguro di essere sempre un ‘cantiere di lavoro’ in cui siamo chiamati ad impegnarci non come persone rassegnate, ma come operai entusiasti, capaci di agire con spirito di corresponsabilità, maturando non idee astratte, ma soluzioni concrete ai problemi e alle sfide del nostro tempo”.