Il testo di legge unificato “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita” che oggi approda in Aula a Montecitorio “disattende le indicazioni della Corte costituzionale che nella sentenza n. 242 del 2019 aveva auspicato una disciplina del legislatore, ma in conformità ai principi enunciati dalla sentenza stessa”. Lo sostiene Alberto Gambino, professore ordinario di Diritto privato e presidente nazionale Scienza & Vita, in una nota per il Sir.
Dopo avere dimostrato come il ddl ampli “indebitamente la platea dei potenziali suicidi”, riduca la condizione pregiudiziale relativa al percorso di cure palliative, vero e proprio “pre-requisito della scelta”, ad “una fredda circostanza burocratica”, nella sua analisi dell’articolato il giurista evidenzia inoltre che il ddl prevede che la cosiddetta “morte volontaria medicalmente assistita” possa avvenire “presso una struttura ospedaliera (art. 5, comma 5) con la conseguente – e ovvia – possibilità” che “il personale sanitario possa avvalersi dell’obiezione di coscienza”, mentre la Corte costituzionale non prevede “alcun coinvolgimento diretto” del Ssn.
Se il testo di legge trovasse accoglimento nelle aule parlamentari, prosegue Gambino, “si giungerebbe ad un vulnus costituzionale” e verrebbe ribaltata la “missione istituzionale del Ssn” che è rivolta “alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio” (art. 1, legge 833/78, che istituisce il Ssn). Con conseguenze pesantissime sia in termini culturali che sociali. Un coinvolgimento delle strutture sanitarie aprirebbe infatti a “veri e propri protocolli e prassi mediche di enorme impatto sulla percezione collettiva del ruolo della sanità e ne finirebbero per fare le spese proprio i pazienti più soli e fragili che, avendo anche tale possibilità esiziale, comporrebbero il campione più ricettivo della nuova prospettiva eutanasica”. Anche perché, “in un’ottica cinica e inconfessabile ma drammaticamente realistica, libererebbero posti letto e risorse economiche”.
“A quanti hanno davvero a cuore l’effettiva protezione di chi, malato, versa in condizioni di fragilità e vulnerabilità – conclude Gambino –, sta ora il compito di scongiurare che una proposta di legge – inappropriata anche nella sua incoerenza costituzionale – finisca per rappresentare una spinta verso il baratro di scelte drammatiche e spesso esito di solitudine esistenziale”.