Il governo turco si prepara ad emanare un nuovo regolamento relativo alla gestione amministrativa delle Fondazioni legate alle comunità di fede non musulmane, da anni paralizzate da un’impasse legislativa che blocca di fatto il rinnovo dei rispettivi organismi direttivi. In Turchia la gestione delle Fondazioni delle minoranze, riferisce Fides, tocca da vicino la vita delle comunità cristiane locali, a partire da quella armena. A tali organismi è di fatto affidata la gestione di luoghi di culto, beni immobiliari e istituzioni pubbliche collegate alle diverse comunità non musulmane, ebrei compresi. Nei giorni scorsi Burhan Ersoy, direttore generale delle Fondazioni, ha confermato che il piano per la stesura di un nuovo regolamento riguardante soprattutto le elezioni per l’assegnazione delle cariche all’interno delle Fondazioni è entrato nel vivo, che la bozza del testo, ora allo studio, è stata stesa tenendo conto di richieste e proposte arrivata dalle diverse comunità minoritarie. Si prevede che le nuove regole, dopo aver ottenuto l’approvazione governativa, potrebbero entrare in vigore entro aprile 2022. Il precedente regolamento elettorale per i vertici delle Fondazioni era stato sospeso nel 2013, dopo che il governo aveva preso l’impegno di stabilire nuove procedure e aveva giustificato la misura con l’intento dichiarato di voler rendere più funzionale e trasparente la gestione dei beni immobiliari affidati statali organismi. Intanto il cristiano siro ortodosso Süleyman Can Ustabaşı, attuale rappresentante delle Fondazioni non musulmane in seno alla Assemblea delle Fondazioni, ha chiesto alle autorità turche di compiere un altro giro di consultazioni con i rappresentanti delle comunità minoritarie prima d i completare e approvare la versione definitiva dei nuovi regolamenti. Lo status giuridico delle Fondazioni si fonda ancora sul Trattato di pace di Losanna, sottoscritto nel 1923 dalla Turchia e dalle potenze dell’Intesa (Impero britannico, Francia e Impero Russo) uscite vittoriose dalla Prima Guerra mondiale. Il Trattato garantiva alle comunità di fede non musulmane presenti in Turchia l’uguaglianza davanti alle leggi e la libertà di promuovere e gestire “istituzioni religiose e sociali”. Negli ultimi due decenni la Turchia ha affrontato e risolto una parte crescente delle questioni controverse relative alla gestione e destinazione di proprietà sequestrate dallo Stato su cui le Fondazioni rivendicavano i diritti garantiti dal Trattato di Losanna. Secondo i dati ufficiali forniti dagli apparati turchi, e riportati dal quotidiano filo-governativo Daily Sabah, alle Fondazioni collegate alle comunità non musulmane sono stati restituiti tra il 2013 e il 2018 circa 1.084 immobili, e alle stesse comunità sono stati consegnati dopo i necessari restauri 20 luoghi di culto. In passato, a partire dal 1936, disposizioni legislative avevano aperto alle Fondazioni delle comunità non musulmane la possibilità di acquisire nuove proprietà. Poi, nel 1974, tale garanzia era stata annullata e lo Stato aveva iniziato a sequestrare in forma massiccia i beni acquistati dalle Fondazioni delle comunità non musulmane a partire dal 1936. Dopo il 2000, nuove disposizioni emanate in conformità con i pacchetti di armonizzazione della Turchia per l’adesione all’Ue hanno favorito il ritorno alle Fondazioni di beni immobili in precedenza sequestrati dallo Stato. In seno all’Assemblea generale delle Fondazioni turche, il rappresentante delle Fondazioni non musulmane parla a titolo della rete di 167 Fondazioni comunitarie non islamiche presenti in Turchia. 19 sono le Fondazioni “di minoranza” legate alla comunità ebraica, mentre le altre sono connesse a diverse comunità cristiane. Alla comunità greco ortodossa fanno capo 77 Fondazioni, mentre alla comunità armena fanno riferimento 54 Fondazioni.