Trasformare il Languishing in Flourishing come sfida della nuova normalità. Questo il tema affrontato da Maria Beatrice Toro, psicologa e psicoterapeuta, al convegno su “Chiesa e salute mentale” in corso all’Università Lateranense. Strategica, “la compassione che va oltre l’empatia”.
Il Languishing, ha spiegato l’esperta, è uno stato emotivo di scarso benessere pur in assenza di aspetti psicopatologici, riguarda specialmente gli adolescenti e “sembra essere predittivo di successive difficoltà clinicamente manifeste. In italiano può essere tradotto col verbo languire, ovvero trovarsi in una condizione di demotivazione, mancanza di scopo, energia e gioia”. Incappare in questa condizione durante l’adolescenza “potrebbe sviluppare tratti della personalità come ritiro sociale di demotivazione a scapito di altri”. Per contrastarlo servono interventi di Flourishing, ossia di “promozione del benessere mentale, ad esempio all’interno delle scuole. Interventi volti a far crescere sei dimensioni: accettazione di sé, autonomia, capacità di padronanza ambientale, relazioni positive, scopo nella vita, sentimento di crescita personale e di sviluppo di sé”. Fondamentali, per l’esperta, interventi focalizzati sulla mindfulness e sulla compassione, ossia “sulla capacità di essere presenti a se stessi, e sulla capacità di essere compassionevoli verso l’altro e auto compassionevoli”. “Occorre andare incontro alla persona con amore”, ha concluso Toro, secondo la quale gli “ingredienti” per trasformare il Languishing in Flourishing sono “la capacità di una presenza autentica e sincera, di stare lì per gli altri con amore”, e “la fiducia che gli altri abbiano già le risorse necessarie: basta farle emergere”.