Ferma condanna del Patriarcato caldeo dell’attentato dinamitardo compiuto nei giorni scorsi nella città di Al-Amarah contro l’abitazione di un cristiano locale. Tanta paura per gli abitanti della casa ma nessuna vittima o ferito. L’attentato ha fatto ripiombare la comunità cristiana locale nella paura anche alla luce degli scontri settari che hanno visto i cristiani iracheni oggetto di attentati dal 2003 ad oggi. Il comunicato, che porta la firma del patriarca caldeo, il card. Louis Raphael Sako, sembra attribuire il movente dell’attacco alla vendita di liquori. Il proprietario della casa, infatti, detiene “da anni” una regolare licenza di vendita di alcolici e per questo, si legge nel comunicato, “ha ricevuto numerose minacce”. “Il numero dei cristiani in Iraq un tempo superava il milione e mezzo, mentre oggi si è ridotto a meno di 500.000 – denuncia Mar Sako – e nel frattempo chi si è preso cura di noi e della nostra sofferenza, in quanto cittadini di questo Paese?”. “Come Chiesa – continua il cardinale – non siamo favorevoli alla vendita di liquori, ma questa rientra nell’ambito delle scelte personali e lavorative delle persone”. Ma, si chiede il patriarca caldeo, “cosa fanno questi ‘radicali’ a chi commercia illegalmente la droga, o a chi gestisce bordelli? Tutto ciò distrugge la vita dei giovani. Invece fanno del male solo ai cristiani perché sono pacifici e li considerano un ‘anello debole’. Questa situazione – scrive Mar Sako – ci preoccupa davvero, purtroppo il Paese è diventato una giungla”. Nel comunicato vengono ricordate tutta una serie di vessazioni che i cristiani devono sopportare nell’ambito del loro lavoro, come la richiesta illegale di denaro per presentare una domanda di lavoro, il sequestro dei beni o la perdita di impiego. Da parte dei deputati cristiani, “non arriva nessuna presa di posizione o sostegno ai cristiani, anche perché – rimarca Mar Sako – questi sono stati eletti con i voti dei non cristiani”. “Noi cristiani portiamo un messaggio di amore e fraternità, e vorremmo lavorare insieme ai nostri cittadini a livello umano, spirituale, sociale e nazionale, per un futuro migliore per il nostro amato Paese. Auspico – conclude il cardinale – che tutti comprendano la continua sofferenza dei cristiani e che coloro che rimarranno non saranno costretti ad emigrare”.