L’economia meridionale potrebbe avere una spinta decisiva se si spenderanno interamente i fondi destinati al Mezzogiorno (40%) e se si riuscirà a trasformare la spesa per investimenti pubblici in nuova capacità produttiva in grado di intercettare una quota maggiore di domanda, interna ed estera. Lo afferma il Rapporto Svimez 2021 sull’economia e la società del Mezzogiorno, presentato oggi a Roma. Dei quasi 15 punti di crescita previsti per l’Italia nel quadriennio, ben 7 – sottolinea la Svimez – sono riconducibili agli interventi di politica economica. L’effetto delle misure è maggiore al Sud, dove il contributo offerto dagli interventi copre il 58,1% della crescita complessiva nel periodo 2021/2024, contro il 45% nel Centro-Nord. Il Rapporto mette però anche in evidenza alcuni punti cruciali che richiedono un impegno particolare perché il Mezzogiorno possa beneficiare pienamente di questi impulsi. Buona parte dei divari di genere dell’Italia con l’Unione europea, per esempio sono ascrivibili alla situazione delle regioni meridionali. La quota di donne Neet (né studio, né lavoro esterno) è molto elevata nel Mezzogiorno, con valori intorno al 40% rispetto al 17% nella media europea. Fondamentale è la questione demografica. Migrazioni e diminuzione della natalità, insieme all’incremento della mortalità media, hanno determinato la contrazione del tasso di crescita della popolazione registrata nel 2020, con punte del -7 per mille nel Meridione. Nel 2020, anche a causa della pandemia, la povertà assoluta è aumentata e il Mezzogiorno si conferma la ripartizione territoriale in cui essa è più elevata, con un’incidenza del 9,4% fra le famiglie (era l’8,6% nel 2019). Sanità, giustizia, istruzione, mobilità, accesso alle tecnologie digitali sono gli altri snodi problematici su cui si sofferma il Rapporto.