L’Assemblea ecclesiale dell’America Latina e dei Caraibi è stata vissuta come “un Kairòs, tempo propizio all’ascolto e al discernimento” che si connette con il Magistero e “ci sprona ad aprire nuovi cammini missionari verso le periferie geografiche ed esistenziali ei luoghi propri di una Chiesa in uscita”. Lo sostiene il documento finale, diffuso sabato.
A partire da tutto questo, ci si interroga sulle sfide e sugli orientamenti pastorali da assumere, dicendo che “la voce dello Spirito è risuonata in mezzo al dialogo e al discernimento”, invocando una maggiore incarnazione, accompagnamento e promozione dei giovani, cura delle vittime degli abusi, partecipazione attiva delle donne nei ministeri e negli spazi di discernimento e decisione ecclesiale.
Anche la promozione della vita nella sua totalità, la formazione alla sinodalità per sradicare il clericalismo, la partecipazione dei laici, l’ascolto e l’accompagnamento del grido dei poveri, esclusi e scartati. È stata evidenziata la necessità di nuovi percorsi formativi in seminari, per valorizzare i popoli indigeni, inculturazione e interculturalità, affrontare temi sociali e formare alla sinodalità.
Nella lunga lista di elementi da tenere in considerazione, tornano i sogni dell’esortazione Querida Amazonia, l’esigenza di accompagnare i popoli indigeni e afro-discendenti in difesa della vita, della terra e delle loro culture.
La sinodalità è la via, qualcosa che appartiene all’essenza della Chiesa, per questo si insiste che “non è una moda passeggera o un motto vuoto”. È qualcosa che ha fatto imparare a camminare insieme, coinvolgendo tutti. Ora, sostiene il documento, si tratta di portare questo stile alle comunità, alla base, così si manifesta l’impegno a proseguire in questa direzione, in un itinerario pastorale che cerca la conversione missionaria e sinodale.