“Con sacrificio, fatica e lacrime sono riuscita a riprendere in mano la mia vita e vorrei dire a tutte le donne vittime di violenza che si può rinascere, ma occorre il coraggio di denunciare”. Marina (nome di fantasia) è rumena, ha 43 anni e tre figli e grazie a “Mondo rosa”, la casa rifugio del Centro calabrese di solidarietà, ha ritrovato la serenità. “Vent’anni fa – racconta in un’intervista al Sir– ho conosciuto il mio ex compagno e dopo due anni di convivenza è nata la mia prima figlia”. Un rapporto non facile: già allora lui manifesta frequenti scatti d’ira. Poco dopo si trasferiscono in Italia, trovano entrambi un lavoro ma la gelosia morbosa del partner scatena improvvisi raptus di violenza: “Mi impediva di truccarmi, mi controllava in modo ossessivo. Se mi vedeva in mano un cellulare lo distruggeva”.
Nel corso degli anni sono nati altri due bambini ma, racconta Marina, “lui ha smesso di picchiarmi dopo averlo denunciato. Vivevamo in un clima di terrore, e la bimba più grande era quella che soffriva di più”.
Nel 2015, un giorno esce con i figli e non torna più a casa. Vanno in parrocchia dove vengono chiamati i carabinieri, Marina sporge denuncia per maltrattamenti e viene subito accolta in una casa rifugio della sua città, ma solo per pochi giorni. Sarà più sicura a Catanzaro, così approda a Mondo rosa. “Ero molto spaventata ma ho trovato un’accoglienza calorosa e ho iniziato il mio percorso personale, psicologico e genitoriale, mentre i bambini sono stati inseriti a scuola e hanno potuto fare una vita serena come in una vera famiglia”. Non è stato facile: “Il cammino è stato importante ma anche doloroso, ho avuto momenti di scoraggiamento in cui avrei voluto abbandonare tutto, ma le operatrici mi sono sempre state vicino sostenendomi, sono stati i miei angeli custodi”.
Marina ci chiede di ricordarle per nome: “È grazie a Romina Ranieri, Assunta Cardamone e Francesca Corapi se ora ho una casa mia, un lavoro stabile ed anche un nuovo compagno”. Sì, perché nel 2019 è uscita da Mondo rosa ed oggi vuole lanciare un appello: “Voglio dire alle donne costrette in situazioni di disperazione di non subire, di trovare la lucidità e il coraggio di denunciare. La legge è dalla nostra parte, dobbiamo fidarci, ma senza una denuncia non si può fare nulla. Non si può vivere nel terrore, ognuna di noi ha il diritto di essere libera. Io ho avuto paura ma anche tanta speranza, e con la speranza si può andare lontano, si può ricominciare a vivere ed essere di nuovo felici”.