“Il mio desiderio è riportare oggi la persona disabile in un percorso quotidiano della parrocchia e di ogni realtà che ognuno vive”. Lo ha detto mons. Roberto Malpelo, sottosegretario della Conferenza episcopale italiana e direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi giuridici, durante l’incontro dedicato questa mattina a Roma al cammino sinodale per persone sorde. “Anche le persone con disabilità – ha continuato – hanno doni grandi che il Signore ha dato loro che vanno messi nella comunità, non possono essere segregati. La realizzazione della persona è nel donare quello che il Signore ci ha donato. Il mondo diviene migliore e bello quando diviene più umano. Anche da un punto di vista solamente umano mettere in circuito i nostri doni, perché sono dati da Dio e non possiamo segregarli, è un cambiamento di mentalità. La Chiesa ha bisogno di voi, di questa esperienza battesimale che nasce dal dono di Dio”. Direttamente rivolto alle persone sorde, mons. Malpelo ha invitato ad “essere soggetti attivi nella Chiesa, con la Chiesa e per la Chiesa. Cosa portare? I doni e la fragilità, la possibilità di un annuncio, di esserci. Non chiudetevi. I parroci delle volte hanno una mentalità chiusa. Questa è la prima missione che vi si chiede: cominciare a far crescere anche i parroci e comunicare la vostra presenza”. “Come prete lo dico, non siamo così abituati ad accogliere, a includere positivamente. Il problema non sono le tecniche comunicative. Ognuno di noi e di voi dica: ‘Signore, quali sono i doni che tu vuoi che io metta in circolo?’. Ricordiamo sempre che il Signore ci chiede di essere santi e evangelizzatori”. Come ultimo pensiero, mons. Malpelo ha chiesto di “uscire dalla logica della pretesa, la comunità cristiana vi aspetta per crescere insieme perché la Chiesa siamo noi, senza periferie”. Dopo l’ascolto di alcune esperienze di persone sorde che hanno riscontrato difficoltà nelle proprie parrocchie, mons. Malpelo ha commentato: “Vi chiedo di supplicare lo Spirito Santo per inventare. Non ci sono le ricette per le catechesi di una parrocchia. Vi chiedo di esserci. Di avere la fatica di dire: ‘Questo parroco non ha capito’. Le varie soluzioni le troveremo insieme, il come è da inventarsi luogo per luogo. Forse fra cinque anni avremo delle buone pratiche da mettere in condivisione”.