“Sebbene la situazione sia il risultato delle azioni riprovevoli della Bielorussia, ciò non esonera la Polonia dai suoi obblighi in materia di diritti umani”. Lo ha detto oggi il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, dopo una missione di 4 giorni in Polonia. “Occorre trovare un approccio che metta l’essere umano al primo posto e garantisca il rispetto della sua dignità e dei suoi diritti”, l’imperativo che arriva da Strasburgo. Mijatović denuncia il fatto che l’attuale stato di emergenza sul confine polacco “ha conseguenze dannose” perché “impedisce alle organizzazioni internazionali e alla società civile di fornire assistenza umanitaria vitale e svolgere attività di monitoraggio”. A essere tenuti lontani sono anche i media e questo “mina la libertà di espressione e di informazione e limita la trasparenza e la responsabilità”. Quindi il primo indispensabile passo è dare accesso “immediato e senza ostacoli” a chi presta soccorso e ai media. Preoccupa che la Camera dei Deputati (Sejm) il 17 novembre abbia approvato nuove regole che dopo la scadenza dello stato di emergenza, rischiano “di rendere permanente una situazione straordinaria, con gravi e durevoli ripercussioni negative” sulle libertà fondamentali. A essere colpite dalle restrizioni e dalla militarizzazione del confine anche le persone che vivono stabilmente in quelle aree.
Altro elemento problematico nella legislazione polacca è che “consente il rimpatrio immediato alla frontiera delle persone che sono entrate nel territorio al di fuori dei valichi di frontiera ufficiali”: ma così si “lede il diritto di chiedere asilo”. Mijatović ha descritto i “racconti spaventosi” ascoltati nei giorni scorsi, sia di chi è entrato in Polonia, sia di chi gela e ha fame nei boschi, sia di chi in Bielorussia è alla mercé delle vessazioni e violenze degli agenti bielorussi. “C’è un’atmosfera palpabile di odio e paura” fatta di “rappresaglie, vessazioni e intimidazioni” che colpiscono anche coloro che prestano soccorso. Ciononostante si vedono atti di “altruismo e coraggio” di “difensori dei diritti umani, attivisti, avvocati e al difensore civico polacco che, in condizioni difficili e contro ogni previsione, corrono contro il tempo per salvare le persone”. E poi ci sono le amministrazioni locali, come Michałowo, e tanti cittadini che si sono attivati per assistere e accogliere i rifugiati. Se la Polonia deve agire sul piano delle norme e delle garanzie dei diritti umani, è vero che l’intera vicenda è “una questione europea che richiede una risposta incentrata sui diritti umani basata sulla solidarietà e sui valori e gli standard europei”.