Italiani nel mondo: mons. Russo (Cei), “Chiesa italiana preoccupata per nuove emigrazioni giovanili, sia priorità”

Foto Calvarese/SIR

“La Chiesa in Italia ha in questo momento una priorità che è allo stesso tempo una preoccupazione pastorale: le nuove emigrazioni giovanili. Gli italiani emigrano oggi massicciamente e i giovani sono i protagonisti principali. Cosa siamo chiamati a fare per i tanti fedeli di lingua italiana che arrivano all’estero oggi spinti dalla necessità di trovare una realizzazione personale e lavorativa? Non basta la sola assistenza morale e spirituale. La Chiesa deve essere compagna di vita per ciascuno di loro, la parrocchia una casa”. Lo ha sottolineato oggi a Roma mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, aprendo la presentazione della XVI edizione del Rapporto italiani nel mondo 2021 curato dalla Fondazione Migrantes. “C’è un’altra Italia che non va dimenticata, della quale dobbiamo sentirci responsabili tutti, la Chiesa in Italia ma non solo – ha proseguito -. Mi riferisco agli italiani che sono all’estero da più tempo, magari in età avanzata e di quelle generazioni nate e/o cresciute all’estero ma che continuano ad avere legami profondi con il nostro Paese. Parlo delle comunità di lingua italiana più strutturate, da tempo ormai insediate in territori fuori dei confini italiani, ma che sentono forte la necessità di rinvigorire i legami rinnovando sentimenti di amicizia e affetto reciproci” . Ha perciò invitato a “lavorare per una Chiesa sinodale, preparata all’incontro, ma anche al transito del migrante perché solo una parte resta nel primo luogo raggiunto con il percorso di mobilità, molti altri continuano nella loro ‘ricerca della felicità’”. La presentazione del Rapporto “Italiani nel mondo” è quindi “occasione di incontro, dialogo e confronto anche con le istituzioni”. “Per noi è un impegno a essere pienamente in dialogo con le istituzioni, nazionali, europee e internazionali, per il benessere comune precedentemente richiamato”, ha precisato, richiamando la necessità del “riconoscimento del primato della persona sulle strutture. Un riconoscimento che si deve tradurre in agire istituzionale, in linguaggio inclusivo e non divisivo, in capacità di comunicare dando alle parole il peso che meritano”. “La persona al centro del pensiero e del nostro agire sempre – ha sottolineato -. Nonostante la pandemia, le emergenze inaspettate e le nuove sofferenze, viene sempre valorizzata la persona, in questo specifico caso, italiane e italiani in mobilità”.

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