“Dei 35 Paesi più minacciati dal cambiamento climatico, ben 27 soffrono di insicurezza alimentare estrema”. Lo ha dichiarato il direttore generale di Azione contro la fame, Simone Garroni, in occasione del 26° vertice dell’Onu sul clima (Cop26) in corso in questi giorni a Glasgow: “Va ricordato, senza mezzi termini, che la crisi climatica preluda, oggi, a una sempre più evidente impossibilità da parte delle popolazioni più vulnerabili di avere accesso al cibo. È giunto davvero il momento di impegnarsi, concretamente, per adottare misure anticicliche e per rendere i nostri sistemi alimentari più equi, resilienti e sostenibili nel lungo periodo”. Il legame tra fame e cambiamento climatico rappresenta uno dei punti salienti del Manifesto “Mai più fame”, il documento-appello recentemente promosso da Azione contro la fame per spingere i leader nazionali ed internazionali a porre fine alle cause strutturali dell’insicurezza alimentare, a partire dal cambiamento climatico. Per almeno 15 milioni di persone che vivono di agricoltura e allevamento in Africa, Asia e America Latina, infatti, le sempre più frequenti violente inondazioni, tempeste e siccità generate dai cambiamenti climatici costituiscono, oggi, il primo fattore di insicurezza alimentare. L’organizzazione, in queste settimane, ha diffuso anche un video per sensibilizzare l’opinione pubblica sul legame perverso tra crisi climatica e fame. Il legame tra cambiamento climatico e fame è confermato dal rapporto Climate change – A hunger crisis in the making promosso, in questi giorni, dal network di cui l’organizzazione fa parte. Il documento sostiene che, entro il 2040, i rendimenti globali delle colture potrebbero diminuire del 50%; circa 3,9 miliardi di persone saranno esposte a ondate di calore più frequenti e gravi; 400 milioni di persone potrebbero diventare disoccupate; 700 milioni di persone potrebbero patire un maggiore rischio-siccità. “Tutti i dati ci confermano che ci stiamo dirigendo verso una crisi globale senza precedenti che costerà milioni di vite – ha proseguito Garroni –. I leader politici riuniti a Glasgow hanno il dovere di agire migliorando i loro piani di protezione del clima, incrementando il sostegno agli aiuti umanitari e investendo di più per prevenire le carestie”.