“Il viaggio del Milite ignoto fu simbolo del cammino verso la casa di Dio: il cammino dei soldati di ieri, dei militari di oggi, di tutti coloro che, a diverso titolo, operano per la città dell’uomo e sono impegnati in un percorso di pace atto a rendere ‘casa’ ogni Nazione. Quel soldato che oggi ricordiamo ha lasciato la sua casa ma è simbolo di una guerra finita, di una pace che è possibile quando la ‘logica della casa’, per così dire, riesce a ispirare il servizio al bene comune”. Lo ha detto l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia (Omi), mons. Santo Marcianò, celebrando oggi, nella basilica S. Maria degli Angeli, a Roma, la messa in memoria dei caduti e in ricordo del centenario dell’accoglimento a Roma, proveniente da Aquileia, del feretro del Milite ignoto. Un viaggio, ha affermato l’arcivescovo castrense davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e ai vertici militari, che è diventato “un misterioso segno di speranza per il nostro popolo”, che “qualcuno lo ha letto come una forma di elaborazione del lutto dei tanti morti in guerra, un evento in cui l’Italia ha trovato uno straordinario senso di unità e di Patria”. “Lavorare per la pace – ha proseguito mons. Marcianò – significa rendere ‘casa’ il nostro Paese, la nostra Europa, le singole comunità. Un luogo in cui si sviluppano politiche di accoglienza e inclusione misurate sui bisogni dei più poveri; dove si è attenti al mondo della sanità, rendendone sempre accessibili i servizi pubblici, come il Papa continua a ripetere e tutti abbiamo confermato necessario in questa pandemia; dove si curano gli ambienti di lavoro, con la loro sicurezza; dove si punta a una distribuzione equa delle risorse, senza negare l’acqua a chi ha sete, come dice l’Apocalisse; ovvero, guardando ai bisogni primari della persone e intercettando quelli profondi. Una casa in cui ogni lacrima sia asciugata, con la stessa pietà che, dopo la guerra, ha tentato di restituire simbolicamente alle madri il figlio che non potevano neppure piangere”. In questo giorno dedicato ai defunti, “onoriamo il Milite ignoto che riposa in un luogo degno della persona. Questo soldato è simbolo di chi ha donato e dona la vita per difendere la vita e la dignità della persona, la cui centralità è cifra di un mondo più giusto, edificato sulla pace e sul bene comune, quale bene integrale di ogni persona, nella sua unicità irripetibile. Anche il soldato che ricordiamo è unico e irripetibile: è ignoto ma non anonimo. Il Milite ignoto è uno ma, in lui, ci sono i volti di tutti, come in coloro che Gesù, nel Vangelo (Mt 5,1-12a), rende protagonisti attraverso le Beatitudini. Una folla immensa, disarmata potremmo dire; fatta di poveri e di puri, di miti e misericordiosi, di operatori di pace e giustizia, di affamati e perseguitati. La folla dei nostri caduti e di tutte le vittime di logiche di violenza e di guerra; vittime che non si calcolano solo in numeri, perché ciascuno è in sé valore assoluto”. Per mons. Marcianò “è ancora da imparare la lezione della guerra, come la lezione della pandemia, che sembrava aver acceso i riflettori sulle povertà e stimolato risposte di solidarietà fraterna e unità di popolo simili a quella sperimentata nel viaggio del Milite ignoto. Ma per troppo poco tempo”. “La memoria non basta; occorre il ricorso al trascendente. Il credente – ha concluso – intravede qui l’opera di Dio Creatore, che semina il germe di bene nel cuore umano, e la Sua vicinanza di Padre che non abbandona il suo popolo ma abita con noi e rende la terra una casa. Ricordare il Milite ignoto e tutti i nostri caduti significa, allora, ritrovare nel ‘dono sé’ il senso di ogni ruolo, ogni compito e dell’intera esistenza, celebrando non la guerra ma la pace, non la morte ma la vita”.