“Ogni incontro, ogni responsabilità che ci assumiamo, ogni gesto di bene che compiamo possono essere vissuti nella prospettiva del giudizio finale”: lo ha detto oggi il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, nella messa per la commemorazione dei defunti, celebrata in cattedrale. “Sono piccoli gesti, che hanno a che fare con le concrete condizioni di vita delle persone che incrociamo sul nostro cammino, decisioni apparentemente insignificanti che diventano cruciali per la vita di persone concrete e lo diventano poi anche per la nostra vita, per la nostra salvezza, per la vita eterna”, ha evidenziato il presule, osservando che “è proprio questa attitudine di attenzione e di servizio alle ragioni della vita che dà sostanza e concretezza alla speranza che i nostri cari che ci hanno preceduto nella fede non sono svaniti nel nulla ma vivono in Dio e che in Lui noi siamo indissolubilmente legati a loro”.
“L’amore, l’amore vero, semplice, fedele e affidabile” è la “meta”, che “ha per noi ha il volto gioioso di Cristo”: “Se riuscissimo a vivere davvero di questa fede, di questa speranza. Se fosse questa speranza a dettare i nostri sentimenti, le nostre azioni, le nostre scelte, piccole e grandi. Entreremmo fin d’ora nella gloria di Dio. Con i nostri stili di vita rinnovati, con un nuovo modo di agire, prendendoci cura davvero gli uni degli altri, agendo contro ogni manifestazione di peccato e di morte, permetteremmo anche a tutta la creazione di entrare nella nostra stessa nuova dimensione di vita, liberata dalla schiavitù del male”.
Di fronte ad “un creato sottoposto a caducità, al rischio cioè radicale del ‘non senso’, quanto di più nel nostro tempo, in cui la crisi ambientale ci pone di fronte a bivi decisivi per la sopravvivenza stessa dell’umanità, ci viene chiesto di allargare la prospettiva della fede, della responsabilità e della cura a tutto il creato”.
“La fede nella Risurrezione, la speranza a cui siamo chiamati in Cristo Gesù è un baluardo contro il ‘non senso’ e la rassegnazione che di continuo rischiano di catturare i nostri cuori e le nostre menti”. Ed “è perché crediamo nel Dio della vita e a Lui ci affidiamo che possiamo prenderci cura delle relazioni della nostra esistenza, dei fratelli e delle sorelle, di tutto il creato. Ed è prendendoci cura senza riserve di un mondo in cui davvero ‘tutto è connesso’ che dimostriamo di affidarci autenticamente ad una speranza viva, che ci assicura che la morte è stata sconfitta e che è possibile ricevere in dono un bene duraturo, stabile, eterno”.
“Potremmo fermarci alla fatica e rassegnarci, oppure andare avanti e accogliere il dono sempre nuovo della speranza”, ma Dio è Padre:
“Lasciamo che sia lo Spirito del Risorto che è in noi a sussurrare e ad invocare il nome di ‘Abbà’. Riusciremo a vedere la vita con occhi nuovi, a prenderci cura di noi stessi, di ogni uomo e di ogni donna, del creato intero, della vita in tutte le sue forme, con tutte le sue esigenze. Scopriremo la forza quotidiana e tenace che scaturisce dalla Risurrezione di Cristo”.