“Sono qui a Glasgow per ascoltare soprattutto i Paesi più colpiti dall’emergenza climatica, poi per incoraggiare chi si sta impegnando per combattere il riscaldamento del pianeta e anche per ricordare a tutti la dichiarazione che abbiamo fatto con Papa Francesco e il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I nella quale invitiamo, insieme al libro del Deuteronomio, a scegliere la vita. E per pregare. Si tratta di una questione morale, di vita o di morte, perché sono i nostri vicini più poveri, nel resto del mondo, che pagano il prezzo di questa catastrofe”. Con queste parole, rilasciate ieri al canale quattro di Bbc radio, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby ha voluto spiegare le ragioni della sua partecipazione alla Cop26, la conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite dove sono attesi 120 capi di Stato da quasi tutti i Paesi del mondo. Alla domanda che cosa ritenga sarà necessario per dire che il summit avrà avuto successo, la guida di settanta milioni di anglicani in tutto il mondo ha risposto che “la Cop26 riuscirà se convincerà i più poveri nel mondo e gli elettori nei Paesi più ricchi che ottenere l’obiettivo di 1,5 gradi di temperature globale è possibile e passi concreti sono stati fatti per questo. È importante lasciarsi alle spalle l’idea che questa crisi è qualcosa che capita agli altri e non ci riguarda in prima persona”.
Sempre nella stessa intervista l’arcivescovo di Canterbury aveva paragonato le vittime del riscaldamento globale ai milioni di ebrei uccisi dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, ma ha dovuto, poi, scusarsi per il paragone inappropriato. “La gente parlerà dei leader mondiali di oggi in termini molto più forti di quelli che usiamo per i politici degli anni ’30 che hanno ignorato ciò che stava accadendo nella Germania nazista”, aveva detto Welby alla Bbc. Dopo aver rivolto pubblicamente le sue scuse, ha aggiunto: “non è mai giusto fare paragoni con le atrocità portate dai nazisti e mi dispiace per l’offesa arrecata agli ebrei dalle mie parole”.