“Ancora oggi, molti sono alla ricerca di sicurezze religiose prima che del Dio vivo e vero, concentrandosi su rituali e precetti piuttosto che abbracciare con tutto sé stessi il Dio dell’amore”. A lanciare il grido d’allarme è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata ancora una volta alla Lettera ai Galati. “E questa è la tentazione dei nuovi fondamentalisti – ha aggiunto Francesco a braccio – coloro che sembra che la strada gli faccia paura, che hanno paura di andare avanti e vanno indietro perché si sentono più sicuri. Cercano la sicurezza di Dio e non il Dio della sicurezza. Quelli che cercano la sicurezza, il piccolo gruppo e le cose chiare si allontanano dallo Spirito”. “Per questo Paolo chiede ai Galati di ritornare all’essenziale, a Dio che ci dà la vita in Cristo crocifisso”, ha spiegato il Papa.
“Se noi perdiamo il filo della vita spirituale, se mille problemi e pensieri ci assillano, facciamo nostro il consiglio di Paolo: mettiamoci davanti a Cristo Crocifisso, ripartiamo da lui”, l’esortazione di Francesco: “Prendiamo il Crocifisso tra le mani, teniamolo stretto sul cuore. Oppure sostiamo in adorazione davanti all’Eucaristia, dove Gesù è Pane spezzato per noi, Crocifisso Risorto, potenza di Dio che riversa il suo amore nei nostri cuori”.
Sempre sulla scorta di San Paolo, il Papa ha rivolto ai presenti un invito: “Chiediamoci: che cosa succede quando incontriamo nella preghiera Gesù Crocifisso? Succede quello che accadde sotto la croce: Gesù consegna lo Spirito, dona cioè la sua stessa vita. E lo Spirito, che scaturisce dalla Pasqua di Gesù, è il principio della vita spirituale. È lui che cambia il cuore: non le nostre opere. È lui che cambia il cuore, non le azioni che noi facciamo. È l’azione dello Spirito Santo in noi che cambia le cose. È Lui che guida la Chiesa, e noi siamo chiamati a obbedire alla sua azione, che spazia dove e come vuole”.
Per San Paolo, le opere della carne sono frutto “del comportamento soltanto umano, ‘ammalatamente’ umano”, e “fanno riferimento all’uso egoistico della sessualità, alle pratiche magiche che sono idolatria e a quanto mina le relazioni interpersonali, come discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie”. Le opere dello spirito, invece, portano frutti come “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”.
“L’apostolo le chiama opere della carne – ha precisato Francesco – non perché nella nostra carne umana ci sia qualcosa di sbagliato o cattivo; anzi, abbiamo visto come egli insista sul realismo della carne umana portata da Cristo sulla croce! Carne è una parola che indica l’uomo nella sua dimensione solo terrena, chiuso in sé stesso, in una vita orizzontale, dove si seguono gli istinti mondani e si chiude la porta allo Spirito, che ci innalza e ci apre a Dio e agli altri. Ma la carne ricorda anche che tutto questo invecchia, che tutto questo passa, marcisce, mentre lo Spirito dà la vita”. I cristiani, invece, sono chiamati a vivere secondo lo Spirito: “Può essere un buon esercizio spirituale leggere l’elenco di San Paolo e guardare alla propria condotta, per vedere se corrisponde, se la nostra vita è veramente secondo lo Spirito Santo, se porta questi frutti”, il consiglio del Papa: “da qui si riconosce una persona abitata dallo Spirito Santo, una persona che è in pace, che è gioiosa e che ama: con queste tre tracce si vede una vita secondo lo Spirito”.
“A volte, chi si accosta alla Chiesa ha l’impressione di trovarsi davanti a una fitta mole di comandi e precetti”, la denuncia di Francesco, che ha esclamato a braccio: “Ma no, questa non è la Chiesa, questa può essere qualsiasi associazione!”.
“Non si può cogliere la bellezza della fede in Gesù Cristo partendo da troppi comandamenti e da una visione morale che, sviluppandosi in molti rivoli, può far dimenticare l’originaria fecondità dell’amore, nutrito di preghiera che dona la pace e di gioiosa testimonianza”, la tesi del Papa: “Allo stesso modo, la vita dello Spirito che si esprime nei Sacramenti non può essere soffocata da una burocrazia che impedisce di accedere alla grazia dello Spirito, autore della conversione del cuore”. “E quante volte – il mea culpa a braccio – noi stessi, i preti o i vescovi, facciamo tanta burocrazia per dare un sacramento, per accogliere la gente, e la gente dice: ‘questo non mi piace’ e se ne va, e non vede in noi tante volte la forza dello Spirito che rigenera”.