“Saremo presenti in Scozia, al vertice Cop26 di Glasgow sul clima, con decisione e con un atteggiamento di urgenza e radicalità, perché senza Amazzonia non c’è futuro per l’umanità”. Lo afferma, al Sir, padre Dario Bossi, provinciale dei comboniani in Brasile e tra i partecipanti, a nome della Repam (Rete ecclesiale panamazzonica), al seminario “Amazzonia e cambiamento climatico”, che si è concluso sabato 23 ottobre nel campus dell’Università Federale del Pará, a Belém, seconda città dell’Amazzonia brasiliana. Si trattava della prima tappa verso il Forum sociale panamazzonico (Fospa), che si riunirà a Belém nel luglio 2022.
Il documento finale dell’incontro si rivolge ai Governanti e a tutti i popoli della terra, per ribadire, nell’ambito di un allarme generale sul riscaldamento climatico, che “l’Amazzonia è il maggior bacino idrografico del mondo e la maggiore foresta tropicale continua del pianeta”, con la presenza di oltre 300 popolazioni indigene. Essa “è vitale per l’equilibrio climatico della terra. Attacchi contro la foresta sono, in pratica, attentati all’umanità”. Il documento denuncia il fenomeno, in continuo aumento, della deforestazione e della devastazione dell’ambiente, a causa delle attività minerarie, degli incendi, dei veleni e materiali tossici che vengono sversati sul territorio. “Esiste un momento nel quale le cose si decidono. E questo momento è adesso”, segnalano i partecipanti al seminario, ricordando che la deforestazione rischia di essere a un punto di non ritorno, con effetti già ora ben visibili in tutto il Continente. “Far cessare deforestazione e incendi – si legge ancora nel documento, che chiede un cambiamento politico e una radicale inversione di tendenza, soprattutto in Paesi come Brasile e Colombia – è una priorità indispensabile”. Ed è fondamentale “demarcare e proteggere i territori indigeni”.
Prosegue padre Bossi: “Il seminario è stato molto utile, ha messo insieme diverse esperienze e approcci: da un lato rappresentanti di popoli indigeni, afro, contadini e pescatori, dall’altro ricercatori, biologi, antropologi, sociologi, esperti di cambiamenti climatici. C’è stato un arricchimento reciproco, abbiamo ascoltato quasi 40 esperienze. Abbiamo raccolto il grido dei poveri, ma anche quello della terra ferita. E il manifesto finale ha espressioni molto forti, di fronte a un consenso per l’attenzione all’ambiente che spesso è solo superficiale e non sincero. Deforestazione e incendi sono due mostri che si alimentano a vicenda, ma altre cause sono gli allevamenti e le coltivazioni intensive, come quelle della soia”.
Tre, secondo padre Bossi, le priorità, in vista della Cop26 di Glasgow: “Un’azione immediata per far cessare gli incendi, boicottare i prodotti, la cui catena produttiva ha a che fare con la distruzione dell’Amazzonia, infine riconoscere il Creato come soggetto di diritti e difendere tali diritti”.