L’arcidiocesi di Santa Cruz de la Sierra, guidata dall’arcivescovo Sergio Gualberti, prende posizione su un caso che provoca dibattito in Bolivia ed esprime “la sua più ferma condanna per il brutale stupro di una ragazzina di 11 anni, avvenuto a Yapacaní, ed esprime dolore, vicinanza e solidarietà alla ragazza, alla madre e alle persone che la sostengono amore”. Contemporaneamente, essendo la ragazza rimasta incinta, esorta le autorità a non commettere reato praticando l’aborto, “poiché è in gioco la vita sacra di due persone innocenti e indifese: quella della madre bambino e quella del bambino nel suo grembo”.
Entrambe “sono vite umane indipendenti e la persona umana nel grembo materno non è colpevole per l’abuso commesso contro sua madre. Un delitto non si risolve con un altro delitto, l’aborto non rimedia alla violenza, né dà serenità alle coscienze, anzi, lascia a lungo ferite psicologiche più gravi”. La nota richiama una sentenza del 2014 della Corte Costituzionale, nella quale si dichiara l’aborto “costituzionalmente non ammissibile”. E si menziona, comunque, l’orientamento della ragazza, assieme alla sua famiglia, che è quello di lasciar nascere la creatura che tiene in grembo. “La loro volontà dev’essere obbligatoriamente rispettata”, si legge ancora nel comunicato dell’arcidiocesi, che conclude: “L’unica soluzione è salvare, curare e sostenere amorevolmente entrambe le vite. In questo senso, la Chiesa offre accoglienza e cura alla fanciulla e alla piccola creatura che è nel suo grembo, dando ospitalità gratuita nel proprio centro per madri adolescenti, Madre Maria, assicurando un sostegno materiale, medico, psicologico e spirituale nel tempo della maternità e della post-maternità”.