49ª Settimana sociale: Panarotto (Mamme No Pfas), “la salute non ha un prezzo”

Foto Calvarese/SIR

(da Taranto) “Sono contenta di essere alla Settimana sociale, perché noi Mamme No Pfas da 4 anni viviamo la nostra esperienza di battaglia per l’ambiente nel nostro Veneto, dove abbiamo una falda acquifera che è la più grande d’Italia inquinata”. Sono queste le parole di Anna Maria Panarotto, rappresentante delle “Mamme No Pfas”, intervenuta alla tavola rotonda della prima giornata della 49ª Settimana sociale, iniziata ieri a Taranto sul tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso”. “Da 4 anni noi cerchiamo le soluzioni, di proporre di incontrare la politica per segnalare delle soluzioni a questo problema. Ci siamo accorti in questi anni che ci sono molte cose che non vanno. Abbiamo incontrato istituzioni e politica e abbiamo visto che ci sono vuoti legislativi, come per i limiti degli scarichi per i quali proponiamo dei limiti, visto che non c’è una normativa nazionale che vieta lo scarico di questi veleni”, dichiara Panarotto che definisce questo fatto incredibile dopo quanto capitato. “Il problema di Pfas non è solo in Veneto”, aggiunge la rappresentante di Mamme No Pfas, che sottolinea come le sostanze chimiche prima prodotte in Veneto da un’azienda in seguito fallita, ora si realizzano in Piemonte. “Vogliamo limiti nazionali, che queste molecole delle Industrie chimiche vengano testate prima di essere messe in commercio e che le aree vengano bonificate”, prosegue Panarotto che riporta il filo conduttore tra le patologie riscontrate nelle persone che vivono in diverse zone d’Italia. Inquinate, “l’inquinamento impoverisce. Quindi come si è impoverita Taranto, anche il Veneto si è impoverito, perché l’acqua ha avvelenato il terreni, ha avvelenato i pozzi, ha avvelenato l’acqua potabile e non solo. La rappresentante delle “Mamme No Pfas” conclude il suo pensiero ricordando gli alti costi dell’inquinamento, come nel loro territorio, dove per sopperire alla falda inquinata in Veneto, si sia dovuto ricorrere ad una spesa di 80 milioni di euro, “sono costi non quantificabili, sopra perché la salute non ha un prezzo”.

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