Come spesso accade, l’accademia di Svezia ha sorpreso tutti, aggirando scommesse e predizioni, decidendo di conferire il Nobel per la letteratura 2021 ad Abdulrazak Gurnah, che non era tra gli accreditati del prestigioso riconoscimento: Houellebecq, Atwood, Eranux, soprattutto Murakami erano i nomi favoriti, da tempo, dai media, ma non il professore di Letteratura postcoloniale all’università del Kent, Canterbury, premiato per “la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo”, ma anche per la sua capacità di penetrare nella psiche e nelle condizioni reali dei rifugiati. Anche perché lui stesso ha vissuto quella stessa condizione, allorché, nel 1963 la sua patria, Zanzibar, fu percorsa da tristi venti di persecuzione contro l’etnia Gurnah, di origine araba, e la sua famiglia fu costretta a rifugiarsi in Inghilterra.
Gurnah ha 73 anni, scrive in inglese, ma la sua lingua originaria è lo swaili. Il suo libro più conosciuto, “Paradise” (1994), è stato tradotto in italiano da Garzanti, come anche “Il disertore” (2005) e “Sulla riva del mare” (2001) .
I suoi interessi narrativi sono concentrati sugli effetti del colonialismo e sulle realtà postcoloniali soprattutto dell’Africa orientale
ma anche sulla persistenza nella memoria delle origini e sui contrasti, ma anche le possibilità di comprensione, con le nuove realtà culturali e sociali in cui persecuzioni, violenze e fame hanno costretto a rifugiarsi i personaggi dei suoi racconti.
Le ragioni del conferimento del Nobel per la letteratura 2021 sono abbastanza chiare, al di là dei comunicati ufficiali: Gurnah è uno scrittore che affronta temi e motivi drammaticamente attuali e, nello stesso tempo, pone pressanti domande su quale sarà il futuro di un mondo in cui per forza di cose avverranno incontri di popoli di culture ed economie assai diverse. Il dramma della fuga, l’incontro e lo scontro tra “straniero” e uomo del luogo, soprattutto le lontane radici del colonialismo sono indagati senza facili cedimenti alle retoriche, ma immersi nella quotidiana, reale esperienza di bambini, anziani, uomini e donne, che la necessità costringe a rinunciare completamente alle proprie radici e a tentare di ricominciare da zero in nuove terre.