Diocesi: card. Petrocchi (L’Aquila) al neo vescovo D’Angelo, “avere speciale predilezione verso poveri, deboli e scartati”

“Motivato dalla ‘carità samaritana’ sarai artefice della ‘Chiesa in uscita’, mosso dalla volontà fattiva di raggiungere le ‘periferie esistenziali’, dove si condensano le povertà di antico e nuovo conio, e si concentrano sacche di forti criticità sociali. Sarai immesso in questa Chiesa, che imparerai a conoscere, amare e servire con lo stile del Buon Pastore”. Con queste parole l’arcivescovo de L’Aquila, il card. Giuseppe Petrocchi, ha salutato la consacrazione episcopale di mons. Antonio D’Angelo, nuovo vescovo ausiliare del capoluogo abruzzese. Celebrazione avvenuta ieri sera nella basilica di S. Maria di Collemaggio. Quella aquilana, ha ricordato il cardinale, “ha una radicata e feconda tradizione cristiana, attestata anche dalla schiera di santi che ha generato nel corso dei secoli. Anche la storia civile mostra l’audacia indomita e la perseverante tenacia della sua gente. Ultimamente – ha proseguito l’arcivescovo – la nostra comunità è stata ‘crocifissa’ da tre terremoti, poi gravemente colpita dalla calamità pandemica. Ma oggi, insieme alle ‘piaghe’ di quelle tragedie, mostra anche, con fierezza, i segni di una energica ‘Vita risorta’. Pure la ricostruzione urbanistica avanza, e nella Città, come nei Centri periferici, si vanno gradualmente componendo i lineamenti di un volto sociale inedito e più bello”. Il cardinale ha poi tratteggiato alcune attenzioni che un vescovo deve mettere in campo per attuare lo “slancio evangelico a raggio planetario, poiché, per un vescovo non basta avere il cuore nel mondo, ma occorre avere il mondo nel cuore”. Dunque “vivere una spiritualità di comunione e custodire e promuovere il ‘Noi-fraterno’”. In questo orizzonte dottrinale e pastorale, ha detto Petrocchi rivolto a mons. D’Angelo, “eserciterai il ministero di insegnare. Ma per agire come maestro devi essere anzitutto discepolo della Parola, condividendo insieme ai fedeli, la chiamata alla sequela del Signore. All’autorità occorre che si affianchi l’autorevolezza: la santa coerenza deve precedere e fondare il “dire” come l’“agire”. È una traiettoria spirituale – questa – che può essere percorsa solo con il sostegno della preghiera. Dovrai instancabilmente parlare ‘della’ Parola; parlare ‘con’ la Parola; lasciar parlare la Parola nelle espressioni verbali come nei tuoi comportamenti. Un ministero da svolgere in piena sintonia – di mente e di cuore – con il magistero del Papa, sapendo andare – quando necessario – contro corrente rispetto ai flussi culturali, contrari al Vangelo, che attraversano la nostra epoca, nella certezza che solo la fedeltà a Dio consente di servire autenticamente l’uomo”. Ciò significa “avere una speciale predilezione verso i poveri, i deboli, e gli scartati. Dovrai lavorare incessantemente su te stesso, con l’aiuto dei fratelli, per sviluppare una personalità che sia ‘ponte e non ostacolo per gli altri nell’incontro con Gesù Cristo Redentore dell’uomo’”. Altra raccomandazione del cardinale al nuovo vescovo ausiliare è quella di “immunizzare la Comunità ecclesiale dalla ‘peste’ delle divisioni e delle collusioni con mentalità egoistiche e settarie. L’unità è il bene prezioso da invocare, l’ossigeno spirituale che consente alla famiglia ecclesiale di respirare e di muoversi fruttuosamente: è il tesoro provvidenziale da cercare sempre e a qualunque costo”. “Siamo chiamati ad avanzare sul binario della sinodalità – ha concluso l’arcivescovo de L’Aquila – ‘sinodalizzare’ la mente, il cuore e i comportamenti è un’impresa che può essere realizzata solo ‘insieme’ e in una condivisa fedeltà allo Spirito del Risorto. In questa direzione si proiettano il dialogo ecumenico e interreligioso, come anche la ricerca di incontro fraterno con gli uomini di buona volontà”.

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