“Questa Settimana ci ha dato l’opportunità unica di mostrare al mondo il volto autentico dell’Ungheria, di farci vedere per come siamo veramente, come popolo e come Chiesa ungherese. Talvolta si leggono notizie sull’Ungheria che non sono basate sulla realtà. Abbiamo potuto mostrare che la Chiesa in Ungheria è viva, è vivace, pronta ad uscire fuori, come ci dice sempre il Santo Padre, per vivere da cristiani e fratelli nel mondo”. Raggiunto telefonicamente dal Sir è mons. Tamás Tóth, segretario generale della Conferenza episcopale ungherese, a tracciare un bilancio finale “a caldo” del Congresso eucaristico internazionale e a raccontarci dal “di dentro” come la Chiesa e il popolo di Ungheria hanno accolto Papa Francesco. Ripercorrendo le tappe della giornata “ungherese” di Papa Francesco, il segretario generale si sofferma a parlare del tweet del premier Orban in cui dice di aver chiesto al Papa di “di non far perire il cristianesimo in Ungheria”. E spiega: “In Ungheria, c’è ancora una forte tradizione cristiana, sebbene la secolarizzazione anche qui sia presente e sempre più pesante. Nel nostro Paese, la famiglia è ancora vissuta come un grande valore di riferimento e anche la gestione politica e civile cerca di difendere i valori della famiglia cosiddetta tradizionale o semplicemente cristiana”. E’ nell’incontro con i vescovi e con i leader religiosi che il Papa ha indicato come far fronte alla secolarizzazione. Ai vescovi ha parlato “di vicinanza. Vicinanza – sottolinea mons. Tóth – soprattutto a Dio, e poi vicinanza ai confratelli vescovi, vicinanza ai sacerdoti e vicinanza al popolo. Il Santo Padre – aggiunge quindi il segretario generale – ci ha detto che l’Ungheria e la Chiesa di Ungheria si trovano al centro dell’Europa. È pertanto una terra dove nella storia si sono incontrate diverse culture e diversi popoli e questo incontro ha dato forza a questa Regione. Il Papa ci ha quindi incoraggiato ad essere ponti tra le diverse culture e le diverse Nazioni”.