Nel decimo e ultimo giorno di competizione alla 78a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia è arrivato forse il film che farà la differenza nella corsa al Leone d’oro.È il francese “Un autre monde” del regista Stéphane Brizé, dramma di grande tensione morale sul mondo del lavoro oggi, attraverso lo sguardo ravvicinato su un manager cinquantenne che si ribella alla politica dei licenziamenti selvaggi. Protagonista è un Vincent Lindon da applauso, e magari anche da premio. Ancora, commozione al Lido per il documentario “Ennio” dedicato alla memoria del grande musicista e compositore Ennio Morricone a un anno dalla scomparsa. Firma la regia il suo amico Giuseppe Tornatore.
“Un autre monde”
Accanto a Ken Loach e ai fratelli Dardenne, il regista Stéphane Brizé si è guadagnato un posto in prima linea nel cinema europeo di impegno civile contemporaneo, attento a raccontare la condizione degli ultimi sul posto di lavoro, tra diritti che sbiadiscono e pressioni sempre più insostenibili. Francese classe 1966, Brizé con il suo ultimo film “Un autre monde”, in gara a Venezia78, chiude idealmente la sua trilogia cinematografica iniziata con “La legge del mercato” (2015) e “En guerre” (2018).
La storia: Philippe Lemesle (Vincent Lindon) è un dirigente d’azienda che ha passato i cinquant’anni. Dopo tanti anni di matrimonio e due figli, la situazione familiare sembra deragliare: la moglie chiede la separazione perché è ormai esausta per le assenze dell’uomo a causa del lavoro; il minore dei figli, in età adolescenziale, manifesta poi improvvise fragilità psicologiche. A questo si aggiungono inattese pressioni da parte della multinazionale dove lavora: la sede centrale americana chiede un netto taglio dei posti di lavoro in Francia e in tutta europa, per rilanciare la società a livello globale. Forte anche delle preoccupazioni degli operai della sua fabbrica, Philippe prova a negoziare un piano di risanamento alternativo, ma i vertici sono irremovibili. L’uomo si trova quindi al crocevia di decisioni spinose e e sofferte…Dei tre film sulla condizione dei lavoratori oggi in Francia, e in generale in Europa tutta, “Un autre monde” è di certo il più bello e maturo. Il regista Brizé compone un racconto solido e compatto, capace di scandagliare la drammaticità della realtà odierna, la diffusa e allarmante precarizzazione del mondo del lavoro, offerendo nel contempo un timido appiglio di speranza. Un ancoraggio che giunge dal terreno degli affetti, dalla famiglia. Il protagonista Philippe, tratteggiato con grande mestiere e credibilità da Vincent Lindon, attore di riferimento di Brizé (è anche nei due film precedenti), si trova schiacciato in una morsa stritolante: dopo tanti anni di sacrifici sul lavoro, avendo raggiunto il posto da dirigente, i problemi aumentano a dismisura; l’azienda gli chiede provvedimenti sempre più spregiudicati, ai danno ovviamente dei più indifesi. Ancora, l’eccesso di lavoro lo ha portato a logorare i rapporti in casa; lui che voleva garantire a tutti benessere e tranquillità, si sta ritrovando sempre più solo e in affanno. Brizé compone un quadro dolente e angosciante, non registrando solo la condizione degli operai ma anche dei manager, cercando così di allargare il campo di osservazione alla filiera lavorativa tutta; lavoratori schiacciati da una logica del mercato sempre più schizofrenica e votata al profitto disumano, dove valori e diritti sembrano non trovare (più) posto. Così dichiara Massimo Giraldi, presidente della Commissione film Cei: “Ci si chiede quale sia ‘l’altro mondo’ suggerito dal regista Brizé: se indichi la scomparsa della classe operaia e del ceto medio sotto una precarizzazione forsennata; oppure, cosa più probabile, se faccia riferimento a una possibilità di riscatto, di ricentrasi nella vita e nel lavoro senza cedere a una corruzione morale e valoriale. Ed è proprio questo che fa il personaggio di Philippe, ha un deciso scatto morale che gli fa ritrovare il se stesso perduto dietro ai tanti, troppi, compromessi. Un film doloro, necessario, di marcato realismo, dove brilla in ultimo anche la speranza”. Incornato già vincitore del premio cattolico internazionale Signis a Venezia78, “Un autre monde” è da valutare come consigliabile, problematico e per dibattiti.
“Ennio”
Suscita non poca commozione la visione del documentario “Ennio”, che il regista Giuseppe Tornatore ha dedicato alla memoria del grande compositore Ennio Morricone, scomparso il 6 luglio 2020 all’età di 92 anni. Uscendo fuori dalla consueta durata dei documentari con i suoi 150 minuti, il film di Tornatore compone un dettagliato, avvincente e poetico racconto della vita e carriera di Morricone, passando dalle pagine dell’infanzia, la centralità della figura paterna che lo indirizza alla tromba, per proseguire poi con la formazione in conservatorio sulle orme di Goffredo Petrassi fino all’affrancamento come compositore di musica per il cinema. Nel documentario vengono richiamate molte, moltissime, delle oltre 500 colonne sonore realizzate dal compositore romano, come pure i tanti brani arrangiati per noti interpreti della musica leggera quali Gianni Morandi, Edoardo Vianello e Mina. Il film “Ennio” procede gradualmente nel corso dei decenni, dagli anni ’50-’60 sino alla fine della carriera di Morricone, segnata dalla vittoria nel 2016 del secondo Oscar per “The Hateful Eight” di Tarantino. Il film può contare su un lunga intervista che Tornatore aveva girato con Morricone prima della sua morte, conversazione intervallata da immagini d’epoca, sequenze di film e relative colonne sonore; in più, a imprimere maggiore trasporto e pathos sono le testimonianze di tanti artisti, colleghi e amici come Giuliano Montaldo, Marco Bellocchio, Dario Argento, i Taviani, Carlo Verdone, Barry Levinson, Roland Joffè, Oliver Stone e Quentin Tarantino.
Pur non essendo probabilmente un documentario perfetto nella sua articolazione, “Ennio” si rivela un’opera che conquista per accuratezza, eleganza e diffusa dolcezza. Ci si accosta infatti alla dimensione pubblica e privata di Ennio Morricone attraverso lo sguardo di Tornatore, uno sguardo denso di rispetto e tenerezza, capace di portare lo spettatore al di là del già noto sul maestro per svelarne una pagina più intima, quasi fragile, dove si annidava però il genio assoluto. Con la sua smisurata produzione musicale, costellata da un numero non quantificabile di riconoscimenti, Ennio Morricone è una figura unica nel panorama italiano e mondiale, un’eredità per il nostro cinema e la nostra memoria culturale. Dal punto di vista pastorale il film “Ennio” è raccomandabile, poetico.