Gesù indirizza una domanda a ciascuno di noi: “Chi sono io per te?”. È sottinteso che la risposta non consiste nella formulazione di bei pensieri, ma nella testimonianza della nostra vita. Il modo di rispondere a questa provocazione divina, infatti, non consiste in ciò che io ritengo opportuno o no, bello o brutto, ma nell’aderire a quanto rivelato dalla vita, dalla parola di Cristo e dalla sua croce.
Come è stato per il sordo-muto anche i discepoli sono condotti da Gesù in disparte, nella parte nord d’Israele, lontano dalle vecchie usanze e tradizioni religiose. La domanda cruciale del Signore è rivolta ai discepoli nel mentre si trovano lungo la strada: viene richiamata dall’evangelista la parabola del buon seminatore dove il seme appena accolto da quel terreno viene portato via da Satana, proprio come verrà messo in evidenza nel rimprovero che Gesù rivolgerà a Pietro. Quest’ultimo rispetto agli altri, riconosce che Gesù è il Cristo anche se l’articolo determinativo “il Cristo” lascia intendere un’interpretazione classica da parte di Pietro, ovvero, che Gesù è il Messia atteso dalle genti, colui che avrebbe con potenza liberato Israele riportandolo agli antichi fasti. Cristo invece, è un Messia da scoprire, totalmente nuovo, che non toglierà la vita, ma donerà la sua, indicandoci di cambiare il mondo con la logica della croce.
Nella prima lettura il profeta Isaia ci presenta il fedele che non si sottrae a quanto richiesto da Dio: una volta che il suo orecchio è stato aperto, dona totalmente se stesso, fidandosi di quanto gli è chiesto dall’Altissimo; Pietro invece dalle parole di Gesù, desume solo dolore e morte non tenendo per nulla conto che Cristo parla anche di resurrezione. Intriso da tali pensieri, il capo degli Apostoli ritiene di dettare, secondo logica, la strada al Redentore, senza ancora comprendere come l’intelligenza umana, per potersi realizzare pienamente, deve necessariamente porsi al servizio della rivelazione. Solo dopo la morte e resurrezione di Gesù, Pietro come gli altri apostoli, giungerà a capire che solo nel momento in cui rinunciamo a noi stessi potremmo percorrere la via della felicità, entrare nella vita nuova, quella di Dio che ci dona la Sua sapienza.