Giovanni e Monica, atto secondo. La loro storia potrebbe essere benissimo una versione rivista e aggiornata ai nostri giorni di “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare, dove le due fazioni familiari sono sostituite da steccati sociali, da fratture e pregiudizi sedimentati tra centro e periferia di Roma, metafora di un Paese stanco, arrabbiato, caotico, ma che sa trovare comunque la voglia di sorridere e sì di rialzarsi. Parliamo di “Come un gatto in tangenziale. Ritorno a Coccia di Morto”, commedia diretta da Riccardo Milani e interpretata da Paola Cortellesi (anche sceneggiatrice) e Antonio Albanese. È il riuscito seguito – chiariamolo subito, il sequel funziona, e anche molto! – di “Come un gatto in tangenziale”, film rivelazione nella stagione 2017-18 con 10milioni di euro al botteghino e il Nastro d’argento come miglior commedia. Ora a distanza di tre anni, resi ancora più lunghi dall’ingombrante presenza della pandemia, ritroviamo tutti i personaggi ma anche nuovi ingressi come don Davide, Luca Argentero, un prete di periferia che conquista tutti per la sua immediatezza e il suo essere espressione di quella Chiesa in uscita cara a papa Francesco. Ecco il punto Cnvf-Sir.
Cuori nella tempesta del Covid
Nel primo film abbiamo lasciato Giovanni (Albanese) e Monica (Cortellesi) seduti su una panchina al centro di Roma, emozionati e anche un po’ spaventati da quel loro amore inaspettato. Tre anni dopo l’amore purtroppo è “scoppiato”, o almeno così pare… Monica è finita erroneamente in prigione, messa nei guai dalle gemelle cleptomani Pamela e Sue Ellen (Alessandra e Valentina Giudicessa). Decisa ancora una volta a non arrendersi, la donna ricontatta Giovanni e gli chiede un aiuto, lui che ha un incarico politico così in vista. Nonostante i suoi fermi principi, Giovanni riesce a farle commutare la pena in lavori socialmente utili presso la parrocchia di don Davide (Argentero) a Roma. Sulle prime Monica si oppone, non si fida affatto di preti e suore, anzi li guarda con sospetto persino scaramantico. A contatto però con don Davide e la sua comunità di parrocchiani la donna scopre un confortante fermento di solidarietà, soprattutto in una periferie ancora più deragliata per via della pandemia. In tutto questo i sentimenti verso Giovanni non sembrano poi così dissolti; e anche per l’uomo a ben vedere ritrovarsi a contatto con l’urgano Monica, al di là dei continui problemi, gli fa assaporare il senso di una vita migliore…
L’istantanea di un Paese caotico ma solidale
“Monica e Giovanni sono, e continuano ad essere, due anime dello stesso Paese. Il nostro. E sono per me il modo di raccontare, attraverso il filtro popolare della commedia, da una parte l’amarezza nel vedere il mio Paese così spaccato, dall’altra il grande potenziale di condivisione e di senso della comunità che in esso vive e sopravvive, ed è lì pronto a esplodere anche più della rabbia sociale”. Sono le parole del regista Riccardo Milani che ben racchiudono il senso del film “Come un gatto in tangenziale. Ritorno a Coccia di Morto”, commedia che ci consegna un ritratto deformato, a tratti grottesco, del nostro presente, dell’Italia, un ritratto puntellato da furbizie, scorciatoie, indifferenza e pregiudizi diffusi. In questo scenario tragicomico, però, si colgono anche luminosi segnali di speranza, testimonianze di un’umanità pronta a rimboccarsi le maniche e a rimettersi in piedi in chiave solidale.
Tra gli ancoraggi sociali nella tempesta c’è anzitutto la Chiesa.
È lo stesso regista Milani ad affermarlo in conferenza stampa, cui si aggiunge la voce della protagonista Paola Cortellesi. Hanno indicato di aver avuto l’idea del sequel in primis visitando una parrocchia milanese, scoprendone l’attivismo verso la comunità, e poi registrando il grande impegno della Chiesa nel corso della pandemia, la sua immediata risposta missionaria. Così la storia di Giovanni e Monica si è spostata sul terreno di una parrocchia di periferia di Roma, un vero e proprio presidio di frontiera animato da un sacerdote fuori dal comune, don Davide, che Luca Argentero tratteggia con leggerezza e insieme spessore.
Don Davide si fa racconto di quella Chiesa che non abbandona il territorio, ma lo anima e lo sostiene, soprattutto nella difficoltà. È la Chiesa raccontata dagli spot dell’8xmille, solo che qui la cifra del racconto si irradia dei colori accesi della commedia che spesso sconfina nello sberleffo. Ma il messaggio è lo stesso, una Chiesa missionaria e solidale.
Cultura, avamposto che apre alla speranza
Altro elemento centrale nel film è la cultura: il bisogno di tornare a scommettere convintamente sulla cultura, balsamo per lenire gli strappi delle ingiustizie sociali e per lasciare filtrare il sogno del cambiamento, la presenza di quell’ascensore sociale ancora in funzione. È attraverso il personaggio di Giovanni/Albanese che questo messaggio trova eco nella storia. Per buona parte del film Giovanni è ridicolizzato, in primis da Monica, perché crede ancora che con la cultura ci si possa mangiare; lui dissipa ogni sua energia per convincere tutti del contrario, che di cultura ci si può campare benissimo, soprattutto in Italia, e che potrebbe essere la soluzione a tanti problemi atavici nelle nostre realtà. Toccante è poi lo sguardo di Monica/Cortellesi quando si accorge degli effetti benefici del teatro, della danza, del cinema o della poesia in quartieri abbandonati da tutto e tutti: è come assistere a una pioggia ristoratrice dopo un caldo torrido senza tregua. Tutto può cambiare, persino migliorare, in primis i rapporti umani.
Il valore della risata
Benedetta sia la commedia, soprattutto in tempi così elettrici e nuvolosi! Nella seconda estate al tempo del Covid, quando la luce in fondo al tunnel risulta ancora lontana, appare come un’oasi di spensieratezza il film “Come un gatto in tangenziale. Ritorno a Coccia di Morto”. Non si vuole amplificare il valore di un’opera, che di certo è buona e valida, ma il tempismo con cui esce in sala è assolutamente indovinato, pronto a travolgerci con una sana dose di umorismo leggero, leggerissimo, ma di senso.
I punti di forza del film.
Anzitutto la scrittura: una sceneggiatura compatta, dinamica, pur trattandosi di un seguito, attenta a cogliere lampi di realtà e a rielaborandoli però in chiave del tutto comico-grottesca. L’ironia a momenti è feroce, ma mai scollacciata, mantenendosi comunque nel solco di una narrazione brillante. Ancora, a imprimere forza al racconto sono i due capocomici Albanese e Cortellesi, che tratteggiano con simpatia e intensità gli innamorati tragicomici Giovanni e Monica; accanto a loro tengono bene il passo comprimari convincenti: Luca Argentero, Sonia Bergamasco, Claudio Amendola, Sarah Felberbaum, Mariano Rigillo e Angela Pagano, fino alle esilaranti gemelle Alessandra e Valentina Giudicessa.
Inoltre, nel racconto Milani e Cortellesi inseriscono anche gustose citazioni che rimandano a classici o cult della storia del cinema, ma ovviamente nel segno dello sberleffo: dallo “Shining” (1980) di Stanley Kubrick in chiave onirica al “Il settimo sigillo” (1957) di Ingmar Bergman, soprattutto per la celebre partita a scacchi con la morte: gli scacchi qui sono sostituiti da un mazzo di carte, il terreno di gioco è la “scopa”, e Monica/Cortellesi non teme nessuno!
In un umorismo che sposa l’alto e il basso, il colto e il popolare, “Come un gatto in tangenziale. Ritorno a Coccia di Morto” è una commedia brillante e godibile, che dal punto di vista pastorale risulta consigliabile, semplice e di certo adatta per dibattiti.