Il 18 dicembre 2013 l’Assemblea generale della Nazioni Unite stabiliva il 30 luglio come Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani. L’obiettivo era ed è ribadire “una forte condanna della tratta di persone, specialmente di donne e bambini, che costituisce una grave offesa e una seria minaccia alla dignità umana ed all’integrità fisica”.
Tante iniziative a livello internazionale e nazionale contrastano questa terribile forma di moderna schiavitù, tuttavia essa non accenna a diminuire. La ragione è che fa leva sulla condizione di vulnerabilità delle persone. E noi sappiamo che gran parte dell’umanità è vulnerabile. Pochi giorni fa, al pre-vertice Onu sui sistemi alimentari, il vicedirettore della Fao, Mario Lubetkin, ha ricordato che oltre 800 milioni di persone soffrono la fame nel mondo e che tre miliardi di persone si alimentano con cibo di scarsa qualità.
Il Papa venuto “dall’altra parte del mondo” ha sempre avuto a cuore il destino di quanti cadono nelle maglie di questo turpe commercio. In tanti non hanno dimenticato il 12 agosto 2016, quando Francesco si è recato a Roma in una casa della “Comunità Papa Giovanni XXIII” fondata da don Oreste Benzi, per incontrare 20 donne liberate dal racket della prostituzione.
La battaglia contro la prostituzione è stata una delle ultime combattute dal sacerdote dalla tonaca lisa. Certamente quella che lo fece conoscere al grande pubblico. Già nel 1990 don Benzi svelò lo schiavismo che si celava dietro, lo sfruttamento, il dolore e la sofferenza. Fu merito anche di don Oreste se il primo processo per riduzione alla schiavitù fu celebrato a Rimini, nel ‘96, dove una serie di ragazze nigeriane testimoniarono, a fianco dello stesso don Benzi, facendo arrestare 120 sfruttatori. A causa di questa battaglia ricevette minacce di morte. Nel 1998 riuscì ad ottenere il riconoscimento dello status per la protezione di vittime di tratta, formalizzato nell’articolo 18 della legge 286. Una legislazione d’avanguardia che due anni dopo fu adottata dalle Nazioni Unite, nel cosiddetto Protocollo di Palermo, e promossa in tutto il mondo come la miglior pratica contro la tratta di persone. Un approccio che riconosce da un lato vittime da proteggere, dall’altro clienti colpevoli di sfruttare la condizione di vulnerabilità delle donne.
Una battaglia non ancora terminata. Per questo facciamo nostre le parole di Anna, ex prostituta malata di Aids, quando si presentò al cospetto di Giovanni Paolo II, accompagnata da don Benzi. Era il Giubileo del 2000, un’immagine che fece il giro del mondo divenendo una delle foto simbolo dell’Anno Santo.
“Papà libera le bambine”.