Istruzione: Unicef, 600 milioni di bambini colpiti dalla chiusura delle scuole

“Anche se le scuole sono chiuse per l’estate nell’emisfero settentrionale, più di 600 milioni di bambini nei Paesi che non sono in pausa accademica sono ancora colpiti dalla chiusura delle scuole. In Asia e nel Pacifico, in circa la metà dei Paesi, le scuole sono state chiuse per oltre 200 giorni durante la pandemia. Dopo alcune lunghe chiusure, e nonostante alcune riaperture, in America Latina e nei Caraibi, ci sono 18 Paesi e territori in cui le scuole sono ancora chiuse o parzialmente chiuse”. È l’allarme lanciato oggi dall’Unicef, che stima una percentuale pari al 40% di tutti i bambini in età scolare – ovvero 4 bambini su 10 – in Africa Orientale e Meridionale che non frequentano le scuole. Istruzione, sicurezza, amicizia e alimentazione sono stati rimpiazzati da ansia, violenza e gravidanze precoci. Ad esempio in Uganda, tra marzo delle scorso anno e giugno 2021, il numero di gravidanze tra ragazze tra i 10 e i 24 anni (che cercavano cure prenatali) è aumentato di oltre il 20%. Le linee di aiuto (help-line) per bambini hanno visto aumenti a tre cifre. E almeno per un terzo degli studenti del mondo, l’apprendimento da remoto è fuori portata. In Asia dell’Est e nel Pacifico, l’Unicef stima che oltre 80 milioni di bambini non hanno accesso ad alcun tipo di apprendimento a distanza. Le scuole in Uganda sono state chiuse per 306 giorni e il Paese ha una delle connettività internet a casa più basse (0,3%); seguito dal Sud Sudan con 231 giorni di chiusura delle scuole e ancora meno della metà degli scolari che ha accesso a internet a casa. In Sud Africa, a causa della chiusura delle scuole tra i 400.000 e i 500.000 studenti hanno abbandonato del tutto la scuola negli ultimi 16 mesi. Un rapporto della Banca mondiale stima una perdita di 10 trilioni di dollari in guadagni nel tempo per questa generazione di studenti. “Questo non può continuare – afferma l’Unicef -. Mentre riconosciamo che i leader di tutto il mondo sono spesso costretti a confrontarsi con la scelta impossibile tra chiudere le loro comunità o aiutare a facilitare la diffusione di massa di una malattia pericolosa, le scuole dovrebbero essere le ultime a chiudere e le prime a riaprire. Ci sono chiare evidenze secondo cui le scuole primarie e secondarie non sono tra i principali vettori di trasmissione”.

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