Tre momenti – Gesù che vede la fame della folla; Gesù che condivide il pane; Gesù che raccomanda di raccogliere i pezzi avanzati – e tre verbi: vedere, condividere, custodire. È l’omelia preparata dal Papa per la prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, da lui fortemente voluta come celebrazione diffusa, cioè vissuta e celebrata non solo a Roma ma in tutte le altre diocesi del mondo. A leggere il testo, mentre Francesco sta trascorrendo gli ultimi giorni di convalescenza previsti dopo l’intervento chirurgico al colon, è stato mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, in una basilica di San Pietro gremita di circa 2mila persone, soprattutto nonni con i loro nipoti. All’inizio della celebrazione eucaristica, mons. Fisichella ha preannunciato che Papa Francesco avrebbe salutato i fedeli all’Angelus, e lui affacciandosi dalla sua finestra sulla piazza ha chiesto un applauso per tutti i nonni e ha ribadito: “Senza dialogo tra giovani e nonni la storia non va avanti, la vita non va avanti”. “Prego il Signore – l’auspicio – che questa festa aiuti noi che siamo più avanti negli anni a rispondere alla sua chiamata in questa stagione della vita e mostri alla società il valore della presenza dei nonni e anziani, soprattutto in questa cultura dello scarto”.
“Gesù alza gli occhi e vede la folla affamata dopo aver camminato tanto per incontrarlo”, osserva Francesco a proposito dell’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci: “Così inizia il miracolo, con lo sguardo di Gesù, che non è indifferente o indaffarato, ma avverte i morsi della fame che attanaglia l’umanità stanca. Egli si preoccupa di noi, ha premura per noi, vuole sfamare la nostra fame di vita, di amore e di felicità”. “Negli occhi di Gesù vediamo lo sguardo di Dio”, prosegue il Papa:
“agli occhi di Dio non esiste la folla anonima, ma ogni persona con la sua fame”.
”Gesù ha uno sguardo contemplativo, capace cioè di fermarsi davanti alla vita dell’altro e di leggervi dentro”, la tesi di Francesco: “Questo è anche lo sguardo che i nonni e gli anziani hanno avuto sulla nostra vita. È il modo con cui essi, fin dalla nostra infanzia, si sono presi cura di noi. Dopo una vita spesso fatta di sacrifici, non sono stati indifferenti con noi o indaffarati senza di noi. Hanno avuto occhi attenti, colmi di tenerezza. Quando stavamo crescendo e ci sentivamo incompresi, o impauriti per le sfide della vita, si sono accorti di noi, di cosa stava cambiando nel nostro cuore, delle nostre lacrime nascoste e dei sogni che portavamo dentro.
Siamo passati tutti dalle ginocchia dei nonni,
che ci hanno tenuti in braccio. Ed è anche grazie a questo amore che siamo diventati adulti”.
“Quale sguardo abbiamo verso i nonni e gli anziani? Quand’è l’ultima volta che abbiamo fatto compagnia o telefonato a un anziano per dirgli la nostra vicinanza e lasciarci benedire dalle sue parole?”, le domande esigenti per un esame di coscienza. “Soffro quando vedo una società che corre, indaffarata e indifferente, presa da troppe cose e incapace di fermarsi per rivolgere uno sguardo, un saluto, una carezza”, la denuncia di Francesco:
“Ho paura di una società nella quale siamo tutti una folla anonima e non siamo più capaci di alzare lo sguardo e riconoscerci”.
“I nonni, che hanno nutrito la nostra vita, oggi hanno fame di noi: della nostra attenzione, della nostra tenerezza”, l’appello del Papa: “Di sentirci accanto. Alziamo lo sguardo verso di loro, come fa Gesù con noi”.
“Oggi c’è bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani, di condividere il tesoro comune della vita, di sognare insieme, di superare i conflitti tra generazioni per preparare il futuro di tutti”, ribadisce il Papa. “Senza questa alleanza di vita, di sogni e di futuro, rischiamo di morire di fame, perché aumentano i legami spezzati, le solitudini, gli egoismi, le forze disgregatrici”, il monito:
“Spesso, nelle nostre società abbiamo consegnato la vita all’idea che ‘ognuno pensa per sé’. Ma questo uccide!
Il Vangelo ci esorta a condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo: solo così possiamo essere saziati”. Di qui l’attualità della profezia di Gioele: “Giovani e anziani insieme. Nella società e nella Chiesa: insieme”.
“I nonni e gli anziani non sono degli avanzi di vita, degli scarti da buttare”, il grido d’allarme di Francesco: “Sono quei pezzi di pane preziosi rimasti sulla tavola della nostra vita, che possono ancora nutrirci con una fragranza che abbiamo perso, ‘la fragranza della memoria’.
Non perdiamo la memoria di cui gli anziani sono portatori, perché siamo figli di quella storia e senza radici appassiremo. Essi ci hanno custoditi lungo il cammino della crescita, ora tocca a noi custodire la loro vita, alleggerire le loro difficoltà, ascoltare i loro bisogni, creare le condizioni perché possano essere facilitati nelle incombenze quotidiane e non si sentano soli”. “Chiediamoci: ‘Ho fatto una visita ai nonni? Agli anziani della mia famiglia o del mio quartiere? Ho prestato loro ascolto? Ho dedicato loro un po’ di tempo?”, l’invito finale: “Custodiamoli, perché nulla vada perduto: nulla della loro vita e dei loro sogni. Sta a noi, oggi, prevenire il rimpianto di domani per non aver dedicato abbastanza attenzione a chi ci ha amato e ci ha donato la vita”.
“I nonni e gli anziani sono pane che nutre la nostra vita”,
conclude Francesco: “Siamo grati per i loro occhi attenti, che si sono accorti di noi, per le loro ginocchia che ci hanno tenuto in braccio, per le loro mani che ci hanno accompagnato e sollevato, per i giochi che hanno fatto con noi e per le carezze con cui ci hanno consolato. Per favore, non dimentichiamoci di loro. Alleiamoci con loro. Impariamo a fermarci, a riconoscerli, ad ascoltarli. Non scartiamoli mai. Custodiamoli nell’amore. E impariamo a condividere con loro del tempo. Ne usciremo migliori”.