“Proteste notevoli, un appello alla libertà”. Questo il commento del presidente Usa Joe Biden sulle proteste in corso a Cuba, senza precedenti almeno a partire dal 1994, nella loro estensione e partecipazione. Contemporaneamente, il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha rispolverato la tradizionale retorica anti-Usa e accusato i delinquenti che vogliono “spaccare” la rivoluzione, incitando i sostenitori del regime a scendere anch’essi in piazza. In effetti, la repressione governativa è stata ovunque determinata e in molti casi violenta, soprattutto nella provincia di Artemisa, a sudovest della capitale, L’Avana. A essere coinvolti nella repressione anche uomini di chiesa, come testimonia al Sir, da Camagüey, padre Ronaldo Montes de Oca, impegnato nella pastorale delle comunicazioni, amico di padre Castor José Álvarez Defesa, arrestato domenica e liberato ieri pomeriggio. Al capo presenta i segni di una ferita, curata con alcuni punti. Tra gli arrestati anche due giornalisti cattolici, aderenti all’associazione Signis, Manuel Rodríguez e Leonardo Manuel. Un appello alla loro liberazione è venuto da Signis America Latina e Caraibi.
“Hanno rilasciato padre Castor – ci dice il sacerdote -, ma ci sono altri arresti nel Paese, tra cui quello di un seminarista a Matanzas, oltre a numerosi gruppi di manifestanti, tra i quali ci sono anche molti militanti cattolici. Rafael Cruz Débora, seminarista di 26 anni, è stato portato via dalla sua casa nelle prime ore della giornata (di lunedì, ndr). Quello che io posso dire è di aver visto manifestazioni del tutto pacifiche, mentre invece la repressione è stata violenta e ho visto molte persone colpite dagli agenti e dalle forze governative. Il presidente ha invitato i suoi sostenitori ad ‘andare in strada a combattere’. Io personalmente condanno qualsiasi tipo di violenza. Rispetto qualunque persona che va in piazza esprimendo quello che si pensa, in coscienza, è un diritto umano. Invece qui si reprime violentemente chi esercita la libertà di pensiero, con molte ragioni, poiché è stanco per la grave crisi, rispetto alla quale non si vede una risposta adeguata”.
Prosegue padre Montes de Oca: “Come sacerdote in questo momento ho il dovere di pregare molto, di consolare, di accompagnare nei limiti della possibilità della mia missione, coloro che sono vittime di repressione, sono colpiti, vessati. Certo, ora molti hanno paura, ma non può essere la paura la risposta alla situazione cubana. È necessaria capacità d’ascolto, assieme a un cammino di pace. Ieri il presidente diceva che le strade sono dei rivoluzionari e dei comunisti, invece le strade sono dei cubani. E personalmente auspico un cammino di pace e di riconciliazione per tutti”.