In primo luogo “la Chiesa riconosce che espressione di libertà, autonomia e responsabilità sociale è il progetto di vivere in democrazia”. Pertanto “la Chiesa crede nella democrazia perché è il sistema che meglio tutela e promuove i diritti e la partecipazione dei cittadini”. Inizia così il messaggio diffuso sabato dalla Conferenza episcopale peruviana, in un momento difficile della vita del Paese. Da tre settimane, infatti, si attende la proclamazione ufficiale del vincitore delle elezioni presidenziali, ma la vittoria – risicatissima – del candidato di sinistra Pedro Castillo (discusso, come discussa, per altri motivi, è la sua avversaria di estrema destra, Keiko Fujimori, figlia del dittatore Alberto) non è ancora stata sancita dalla Giunta nazionale elettorale, a causa dei ricorsi presentati in ogni sede dalla Fujimori. E il Paese si trova davanti a manifestazioni si piazza contrapposte, nelle quali non sono mancati episodi di violenza. Tuttavia, gli osservatori internazionali, il Dipartimento di Stato Usa e l’Unione europea si sono espressi ribadendo la correttezza delle operazioni elettorali. Non sono mancati risvolti inquietanti, come un aperto appello al colpo di Stato da parte di alcuni generali in pensione e, negli ultimi giorni, le intercettazioni che hanno rivelato la ricomparsa sulla scena di Vladimiro Montesinos, braccio destro e capo dell’intelligence di Alberto Fujimori. Come è stato riportato da numerosi organi di stampa, Montesinos, da un carcere di massima sicurezza, avrebbe esercitato per telefono pressioni sulla Giunta elettorale, per evitare la vittoria del “comunista” Castillo, e favorire la Fujimori, la “chica” nel linguaggio dell’ex capo dei servizi segreti.
Tornando al messaggio dell’episcopato, si legge che “la Chiesa difende la democrazia e incoraggia gli sforzi compiuti per perfezionarla e renderla più in linea con i valori culturali dei nostri popoli. In questo senso, sosteniamo i risultati indicati dagli organi elettorali”.
I presuli peruviani hanno chiesto ai cittadini di esercitare il loro diritto di protesta “senza ricorrere alla violenza, né fisica né verbale”. Per questo – consigliano – il futuro del Paese è nelle mani di ciascuno dei peruviani. L’invito è ad agire “con serenità, discernimento e un determinato atteggiamento di vigilanza per tutelare la vita democratica”.
Nel frattempo, ieri, Keiko Fujimori ha esibito alcuni simboli religiosi nell’ambito di una manifestazione politica, suscitando la risposta dell’arcivescovo di Lima, mons. Carlos Castillo (che in questi giorni si trova a Roma), arrivata attraverso una nota, nella quale si ricorda che la Chiesa non fa scelte di partito politico e si cita il segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, sull’inopportunità di esibire segni religiosi in manifestazioni di parte. “Chiediamo di mantenere equilibrio e uno spirito autenticamente democratico”, conclude mons. Castillo.