“Dal Papa abbiamo ricevuto un grande incoraggiamento a recuperare lo stile del servizio al popolo di Dio che contraddistingue il nostro ministero. Le parole appassionate che ci ha rivolto sono del tutto in linea con quanto sosteniamo da tempo. Ci sentiamo in perfetta sintonia con Francesco”. È emozionato Tonino Cantelmi, diacono permanente della diocesi di Roma, che abbiamo incontrato poco dopo l’udienza che il Papa ha dedicato sabato a questi diaconi, alla quale ha partecipato con la sua famiglia. Psichiatra e psicoterapeuta, Cantelmi ha firmato con Maria Esposito il volume “Il diaconato in Italia”, sottotitolo “Luci, ombre e prospettive: Dall’insignificanza a una nuova intelligenza del diaconato” (ed. San Paolo 2021), nel quale gli autori mettono in luce da un lato l’importanza che il Concilio ha attribuito a questo ministero, dall’altro la diffusa percezione di una sua “irrilevanza” all’interno della Chiesa.
“Il richiamo di Francesco sulla nostra ordinazione, non per il sacerdozio ma per il servizio al vescovo per i bisogni della Chiesa locale – riprende Cantelmi – coincide perfettamente con la tesi centrale del volume”. E la “insignificanza” richiamata dal titolo emerge dai risultati di una ricerca, inserita in appendice, condotta su 250 persone tra i 15 e i 90 anni, abituali frequentatori di parrocchie, che rivela come la figura del diacono sia “prigioniera di una sorta di riduzionismo liturgico-parrocchiale che lo fa percepire come un aiutante del parroco, una sorta di ‘mezzo prete’ o di ‘chierichetto di lusso’, come ha detto (sabato ndr.) il Papa ribadendo che deve invece essere un ministro ordinato per il servizio”, spiega Cantelmi. “Chiamato insomma a prendersi cura delle situazioni di marginalità, delle ferite dell’umanità, della malattia fisica e mentale – e lo dico anche da medico e da psichiatra – in ospedale, nelle case di cura, nelle abitazioni. Un ministero in uscita, sulla linea della Chiesa voluta da Papa Francesco”.