“Stiamo uscendo da un periodo incredibile di angoscia e di lutti dovuto alla pandemia. Ci parliamo molto di ripresa, di ritorno alla normalità. Ma sappiamo bene che questi ultimi mesi lasceranno ferite profonde. Ferite che per noi, a Torino e nel nostro territorio, riguardano soprattutto il mondo del lavoro. Come quella dell’ex Embraco che non si vuole affrontare e risolvere malgrado l’impegno profuso dalla Regione, dal Comune di Torino e quelli di Chieri e limitrofi, dalla diocesi e dai sindacati e lavoratori che stazionano in piazza Castello ormai da tanto tempo. Vi confesso che tutto ciò mi addolora moltissimo, anche come cittadino”. Lo ha affermato ieri sera l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, al termine del Rosario recitato per la solennità della Consolata, patrona della diocesi.
“Quella per il lavoro”, ha spiegato l’arcivescovo, “è una preoccupazione che riguarda tutti e che voglio sottolineare, presentandola con voi a Maria”. “La nostra Repubblica – ha ammonito Nosiglia – è fondata sul lavoro: ma mi chiedo se qui tale principio basilare non sia stato tradito, e se non sia il momento di sollecitare chi ha responsabilità istituzionali ad una presa di posizione chiara e decisa”. “Negli ultimi mesi – ha proseguito – abbiamo sperimentato inoltre diverse situazioni dolorose e paradossali: fabbriche che chiudono, lavoratori e famiglie abbandonati non perché non ci fossero prospettive di lavoro, ma perché qualcuno ha approfittato di qualche debolezza per favorire i suoi giochetti finanziari”. “Le statistiche e le previsioni sull’occupazione sono già ben oltre il livello di allarme, in particolare per i giovani”, ha osservato l’arcivescovo, esprimendo un timore: “Siamo sulle soglie di una spirale perversa: non c’è lavoro e dunque non si formano nuove famiglie. Quindi non si fanno figli e la popolazione invecchia”. “Non tocca e me certo far scendere dall’alto la soluzione per questi problemi”, ha precisato. “Ma a me e a voi – ha aggiunto – tocca certamente invocare la Vergine chiedendo a Lei una grazia forte: quella di imparare sempre più ad essere uniti, ad affrontare insieme le difficoltà e le prove. Non lasciamoci cogliere isolati: con la chiusura in se stessi o individualisti perché se prevale il ‘si salvi chi può’, nessuno ne esce vincitore”. Nosiglia ha esortato: “Lavoriamo ad abbattere quei muri che esistono ancora in qualche fascia di popolazione tra poveri e benestanti, centro e periferia, religiosi e non, italiani e stranieri, appartenenti a questo o quel movimento politico e culturale”. “Torino – è la convinzione del suo arcivescovo – ha bisogno di vivere un tempo di riconciliazione e di mutuo rispetto e collaborazione, una stagione serena costruttiva che rigeneri fiducia in tutti nel futuro”.