Ici e Imu: Venezia, esentate due scuole paritarie. Ctr Veneto accoglie ricorsi in appello. Il Comune dovrà rimborsare le spese

Non svolgono attività commerciale, dunque non sono tenute al pagamento dell’Ici: cosi la VII sezione della Commissione tributaria regionale (Ctr) Veneto si è pronunciata accogliendo i ricorsi in appello promossi dalle parrocchie veneziane di S. Giorgio, S. Maria del Suffragio e S. Barbara Vergine Martire. Sono state depositate nei giorni scorsi, infatti, le tre sentenze che, definendo altrettanti giudizi d’appello durati due anni e mezzo, non solo hanno accertato il diritto all’esenzione Ici degli immobili adibiti a scuola materna, ma hanno anche condannato il Comune di Venezia a rifondere a ciascuna parrocchia le spese legali. La vicenda è sorta alla fine del 2015 quando il Comune di Venezia, a fronte di due opinabili pronunce della Cassazione, aveva deciso di recuperare l’Ici relativa al 2010 e 2011 disconoscendo l’esenzione d’imposta sugli edifici parrocchiali adibiti a scuola materna, sino a quel momento mai messa in discussione. La semplice previsione di una retta rende commerciale l’attività didattica: questa, in sintesi, la tesi del Comune. La difesa delle parrocchie invocava invece i principi espressi dalla Corte di giustizia dell’Ue e dava prova documentale della natura simbolica delle rette applicate: insufficienti a coprire i costi del personale docente.
Se in primo grado la Ctp di Venezia aveva dato ragione al Comune, ora la Ctr ha ribaltato il risultato riconoscendo il valore assolutamente simbolico alle rette che “coprono solo una frazione del costo effettivo di gestione della scuola e di erogazione del servizio di istruzione”. “Non è la prima volta che la Ctr Veneto si pronuncia a favore delle parrocchie in materia di Ici”, spiega in un comunicato la Fism (Federazione italiana scuole materne). Una battaglia che solo a Venezia ha visto coinvolti negli ultimi 5 anni più di 15 enti tra parrocchie, congregazioni e associazioni”.
“Al di là delle posizioni processuali assunte resta la perplessità di fronte all’atteggiamento di un ente pubblico che, consapevole che questi enti erogano servizi didattici in costante perdita, riconoscendone il valore sociale e didattico, con una mano li aiuta a reggersi erogando fondi pubblici e con l’altra sembra quasi volerli gravare oltremisura con la richiesta di un’imposta non dovuta e costringendoli a difendersi in giudizio finanche davanti alla Corte di Cassazione”, hanno sintetizzato i legali della Fism.

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