Estate ragazzi. Inizia il ciclo di film di respiro familiare nei cinema. Tra i primi titoli c’è “Lassie. Torna a casa” di Hanno Olderdissen nelle sale italiane dal 10 giugno. Il mitico cane pastore scozzese, protagonista di pagine di successo a Hollywood, ritrova il grande pubblico in una favola nella Germania di oggi. E ancora, tre titoli di peso sulle piattaforme: su Prime Video c’è l’atteso legal thriller “The Mauritanian” di Kevin Macdonand, film denuncia sugli orrori di Guantanámo con Jodie Foster, Tahar Rahim e Benedict Cumberbatch; su RakutenTv (e altre piattaforme pay) la commedia amara “Lasciali parlare” (“Let Them All Talk”) di Steven Soderbergh con Meryl Streep, Candice Bergen e Dianne Wiest; e infine su NOW la commedia britannica a sfondo sociale “Il concorso” (“Misbehaviour”) di Philippa Lowthorpe con Keira Knightley, Jessie Buckley e Greg Kinnear. Il punto dei film con Cnvf-Sir.
“Lassie. Torna a casa” (al cinema)
Insieme al pastore tedesco Rin tin tin e al cavallo Furia, il pastore scozzese Lassie è uno dei grandi protagonisti di film avventurosi per ragazzi che Hollywood ha reso memorabili. La storia di Lassie inizia negli anni ’40, con il successo “Lassie Come Home” (1943) con Elizabeth Taylor; nei decenni successivi non sono mancati adattamenti tra cinema e Tv, storie tutte giocate sull’intesa tra bambino e animale. A distanza di quasi ottant’anni si registra una nuova avventura del cane di razza Collie, per la prima volta in Germania.
La storia: Florian detto Flo è un bambino preadolescente molto legato al suo cane Lassie; i due sono costretti momentaneamente a separarsi, perché la famiglia di Flo non può più tenerlo in appartamento. Lassie viene affidata alle cure del conte Graf von Sprengel e di sua nipote Priscilla. Forte è la nostalgia di casa per il cane, così Lassie scappa dalla tenuta e si mette in cammino lungo le strade della Germania… “Lassie. Torna a casa” di Hanno Olderdissen è un road movie marcato da giocosità e tenerezza, pensato per un pubblico di bambini e famiglie; un favola educativa che mette a tema il legame con gli animali, il dialogo padre-figlio, nonno-nipote, ma anche le insidie del bullismo e l’importanza della scuola nell’appianare le fratture. Nell’insieme “Lassie. Torna a casa” prova a coniugare un classico del cinema-letteratura con i sentieri dell’oggi, mettendo in campo soluzioni narrative coinvolgenti, ma a ben vedere lesinando un po’ dal punto di vista stilistico: il racconto è lineare, senza troppi sussulti o ricercatezza formale. Dal punto di vista pastorale “Lassie. Torna a casa” è consigliabile, semplice e adatto per dibattiti.
“The Mauritanian” (Prime Video)
Finalmente da inizio giugno è possibile vedere su Prime Video “The Mauritanian” del regista Kevin Macdonald (“L’ultimo re di Scozia”, 2006; “State of Play”, 2009), uno dei titoli protagonisti della stagione cinema 2020-21, in corsa tra Golden Globe e Bafta. L’opera racconta, oscillando tra film denuncia e serrato legal thriller, la vera storia di Mohamedou Ould Slahi, detenuto dal 2002 al 2016 nella prigione speciale di Guantánamo a Cuba sotto l’egida degli Stati Uniti, in forza dell’accusa di presunta collaborazione agli attentati dell’11 settembre. Il film si gioca quasi tutto sul racconto processuale in cui il protagonista (Tahar Rahim) viene difeso dall’avvocatessa Nancy Hollander (Jodie Foster), in prima linea per i diritti umani, insieme alla giovane collega Teri Duncan (Shailene Woodley). Avvocato accusatore è l’inappuntabile militare americano Stu Couch (Benedict Cumberbatch).
“The Mauritanian” si muove sullo stesso tracciato del recente “The Report” (2019) di Scott Z. Burns con Adam Driver, mettendo a tema il dramma vissuto dagli Stati Uniti con l’11 settembre e nel contempo le derive dello stesso Paese in termini di violenze deflagrate nei fronti di prigionia come Guantánamo. Tali opere sono il segno che l’America, o meglio Hollywood, sta cercando di elaborare il proprio recente passato, assorbendo sì le sue fratture, ma nel contempo non distogliendo lo sguardo dalle proprie colpe, dalla violazione dei diritti umani commesse per sete di verità e giustizia. La forza narrativa di “The Mauritanian” si deve principalmente al caso raccontato, che prende le mosse dagli sconvolgenti diari di Mohamedou Ould Slahi, ma soprattutto per le interpretazioni vigorose e dense di sfumature in primis di Tahar Rahim e Jodie Foster: entrambi rendono compatto il film anche laddove la sceneggiatura o la regia non assicurano solidità. L’opera possiede una ragguardevole tensione narrativa, ma sembra scappare un po’ di mano al regista lungo il binario, perdendo di intensità in chiusura. Dal punto di vista pastorale “The Mauritanian” è complesso, problematico e adatto per dibattiti.
“Lasciali parlare” (RakutenTv)
È ormai ridondante rimarcare la bravura di Steven Soderbergh, regista, sceneggiatore e produttore statunitense noto al grande pubblico per “Erin Brockovich” (2000), “Traffic” (2000, Oscar miglior regia) e la trilogia “Ocean’s Eleven” (2001-2007). Con il suo ultimo film “Lasciali parlare” (“Let Them All Talk”), per il quale coinvolge alcune veterane di Hollywood come Meryl Streep, Candice Bergen e Dianne Wiest, insieme al giovane talento emergente Lucas Hedges, Soderbergh si cimenta in una commedia amara di respiro esistenziale che però convince principalmente come puro esercizio di stile. La storia in breve: Alice Hughes (Streep) è una famosa scrittrice Premio Pulitzer e per ritirare un riconoscimento in Inghilterra chiede al suo editore che il viaggio avvenga non in aereo bensì su una nave da crociera, sulla quale vuole invitare il nipote Tyler (Hedges) e le emiche di gioventù Roberta (Bergen) e Susan (Wiest), con le quali i rapporti sono abbastanza deteriorati.
Il viaggio diventa metafora di uno scontro-incontro tra donne, tra amiche, che si sono smarrite e provano a ritrovarsi, non sempre capaci di superare gli irrisolti del passato. Soderbergh gira il tutto con grande semplicità, privilegiando un’attrezzatura scarna e una naturalezza delle sue interpreti, che si mettono in gioco rivelando indubbio fascino e grande mestiere. Il film si snoda come un flusso di conversazioni torrenziali, che risulta però assolutamente godibile e mai stancante. Un’opera che nell’insieme affascina e convince, forse più per la componente stilistica-interpretativa, appunto una vera e propria lezione di cinema. Indicato per i temi in campo per un pubblico adulto, dal punto di vista pastorale “Lasciali parlare” è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
“Il concorso” (NOW)
La regista Philippa Lowthorpe, che ha lavorato per serie televisive britanniche di successo come “Call the Midwife” e “The Crown”, firma per il cinema la commedia di respiro sociale “Il concorso” (“Misbehaviour”), che racconta la storia vera di come nel 1970 il concorso di Miss Mondo venne travolto da un’ondata di proteste femministe. La storia: Londra 1970, si sta organizzando il celebre concorso di bellezza internazionale Miss Mondo, condotto dall’attore comico Bob Hope, un evento televisivo seguito da un platea vastissima. In un’università inglese, in particolare tra le attiviste del gruppo Movimento di liberazione delle donne, si fa strada l’idea di boicottare lo show, irrompendo sul palco, per rimarcare il bisogno di un’immagine differente della donna…
“Il concorso” fa parte di quel filone di commedie inglesi – ad esempio “We Want Sex” (“Made in Dagenham”, 2010) di Nigel Cole – che rileggono pagine della storia del Paese, le lotte per i diritti civili e dei lavoratori, in chiave acuta e brillante. Il film Lowthorpe, oltre a contare su un cast britannico di livello come Keira Knightley, Keeley Hawes, Jessie Buckley e Phyllis Logan, ci regala una prospettiva interessante sulla vicenda: da un lato registra l’emergere di una voce femminile in cerca di parità di diritti-condizioni infrangendo lo stereotipo del concorso di bellezza; dall’altro rimarca il valore dell’evento per una giovane miss, Jennifer Hosten (nel film Gugu Mbatha-Raw), la prima concorrente afroamericana a vincere il titolo e a ridurre così il gap della discriminazione razziale. Nell’insieme “Il concorso” è un’opera godibile, brillante e dall’interessante lettura sociale, adatto per adulti e adolescenti accompagnati. Dal punto di vista pastorale il film è consigliabile, problematico e per dibattiti.