I primi due anni del governo Bolsonaro hanno visto un aumento senza precedenti dei conflitti nelle campagne. Lo sostiene il 35° rapporto sul tema, redatto dalla Commissione per la Pastorale della terra (Cpt) della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, presentato ieri in modalità virtuale. I popoli indigeni (42%) sono stati il gruppo che maggiormente è stato vittima dei conflitti per la terra, seguiti dai quilomboli (la popolazione di origine afro), con il 17%, e dagli abusivi, con il 15%”. I dati sono stati presentati da Paulo Cesar Moreira, in rappresentanza del centro di documentazione Dom Tomás Balduino.
I dati generali sui conflitti nelle campagne mostrano che il numero di incidenti è passato da 1.903 nel 2019 a 2.054 nel 2020, con un aumento dell’8%. Si tratta del numero più alto di conflitti nelle campagne mai registrato dalla Cpt, fin dal 1985. Il numero di persone coinvolte in questi conflitti è passato da 898.635 nel 2019 a 914.144 nel 2020, con un aumento di quasi il 2%.
Tra tutti questi episodi, la Cpt ha documentato con precisione e censito 1.576 casi di conflitti per la terra nel 2020, il numero più alto dal 1985, quando è iniziata la pubblicazione del rapporto, il 25% in più rispetto al 2019 e il 57,6% in più rispetto al 2018. Questi conflitti hanno coinvolto 171.625 famiglie. I dati sono ancora più spaventosi se si analizzano solo i numeri riferiti alle popolazioni indigene del Brasile in questo tipo di conflitto: 656 casi (il 41,6% del totale), che hanno coinvolto 96.931 famiglie (il 56,5% del totale).