“L’Italia un servizio sanitario nazionale eccezionale di stampo universalistico ammirato in ogni parte del mondo che garantisce, grazie alla Costituzione, cure a tutti e in particolare agli indigenti. Con la pandemia il Servizio sanitario nazionale ha dovuto rileggere la sua organizzazione e il suo impegno sul territorio, speriamo che i fondi, che verranno messi a disposizione per la ripresa, siano un’occasione per rileggere anche sui territori l’organizzazione sanitaria in particolare nelle zone rurali e nelle periferie laddove negli ultimi decenni il Servizio sanitario si era un po’ ritirato a causa del costante definanziamento che ha subito”. Lo ha sostenuto, stamattina, don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute, nel suo intervento al 17° Seminario di studio sulla custodia del Creato sul tema “Per una vita buona, su una terra da risanare: ambiente e salute in tempo di pandemia”, organizzato a Roma dal Tavolo di studio “Custodia del creato”.
Don Angelelli ha suggerito “tre vie di uscita per affrontare questo cammino che abbiamo di fronte di rinascita, di ricrescita, di recupero. Il primo punto di partenza è “una nuova coscienza comune in grado di educare alla tutela dell’altro. La tutela dell’altro è una responsabilità collettiva che abbiamo come cittadini ma in particolare come credenti: il rispetto, la difesa dell’altro, i meccanismi di prevenzione della salute propria e degli altri vanno a beneficio della collettività. Se non recuperiamo questa dimensione difficilmente riusciremo a ristabilire degli equilibri. Come credenti la tutela dell’altro è un precetto evangelico”. Una seconda via di uscita “può essere quella del recupero della dimensione relazionale come bene strutturale. Infatti, “la società è composta di relazioni, l’uomo antropologicamente vive di relazioni e il vissuto pandemico ha messo in crisi queste dimensioni. Ci siamo dovuti allontanare fisicamente gli uni degli altri per proteggerci. In alcuni casi stiamo vedendo che questo ha lasciato una ferita relazionale: la distanza fisica è diventata anche distanza relazionale. Quindi, dobbiamo recuperare la cura delle relazioni reciproche perché è il modo per recuperare la piena dignità della persona”. Infine, “è necessario recuperare uno stile di vita, un comportamento pro sociale come stile di vita di tutti. Se c’è una dimensione sorprendente di questo vissuto pandemico è la risposta di tanti soggetti in termini di disponibilità personale, di volontariato. Il prendersi cura degli altri è un elemento che va considerato e che era latente nella nostra società italiana, più volte Papa Francesco ha lodato la capacità italiana di rendersi volontari in varie situazioni e nel vissuto pandemico anche il volontariato ha fatto molto”. Ma, ha avvertito, don Angelelli, “la cura dell’altro in termini di relazioni e di atteggiamenti pro sociali non è una voce di spesa ma è un investimento sul bene della società italiana. Si cura reciproca se ne senta particolarmente il bisogno soprattutto in omaggio a tutti quegli operatori sanitari che hanno speso tantissimo in termini di sacrificio personale, di tempo, di energie per la cura degli altri. Sono convinto che meritino un riconoscimento pubblico adeguato per il loro impegno perché sono stati la spina dorsale di cura di tutte le persone che hanno vissuto la pandemia e quindi li ringraziamo”.