Monsignor Pierbattista Pizzaballa e don Carmelo La Magra. Il patriarca latino di Gerusalemme, vescovo di una diocesi che si estende per più nazioni, e il parroco di San Gerlando a Lampedusa, meno di seimila anime. Due pastori che vivono il proprio ministero in terre di frontiera, dove si consumano due dei drammi più pressanti del nostro tempo: il mai sopito conflitto israelo-palestinese, che nelle scorse settimane si è riacceso seminando morte e dividendo le persone nella vita reale così come sulle piattaforme virtuali, e l’arrivo in massa di migranti che attraversano il Mediterraneo alla ricerca di fortuna e nella speranza, a volte infranta, di sopravvivere al viaggio. Sono due testimoni di fraternità, che incarnano nel quotidiano l’enciclica “Fratelli tutti” di papa Francesco. Sono anche gli autori di due degli oltre quaranta contributi che raccolgono in un libro un’esperienza di dialogo e dibattito che nell’ultimo anno ha interessato il mondo cattolico e non solo. Il testo si intitola “Costruire un mondo nuovo. In dialogo con Fratelli tutti”, è edito dall’Ave (2021, 164 pp.) ed è curato da don Giacomo Canobbio, Pina De Simone, Giovanni Grandi e Giuseppe Notarstefano. L’opera costituisce un Quaderno Speciale di “Dialoghi”, la rivista di cultura promossa dall’Azione cattolica italiana.
“La fraternità e la sororità a cui ci invita il Papa non sono semplici né scontate, ma implicano la fatica dell’alterità in tutta la sua drammatica e straordinaria concretezza – spiega così al Sir Pina De Simone, che è anche direttrice di “Dialoghi”, gli ideali che animano il libro – L’esperienza dell’essere fratelli e sorelle non è fatta di conferme di sé ma della possibilità di imparare dall’altro, sostenendosi reciprocamente, scontrandosi e poi ritrovandosi, imparando a far valere su tutto la forza dell’essere insieme”. Nel ventennale dalla prima pubblicazione, la rivista “Dialoghi” ha voluto seguire i segni dei tempi e ha promosso diversi “dialoghi” online in tempo di pandemia. Il successo e il confronto vivace generato da questi appuntamenti è stato in qualche modo riprodotto nel libro,
che trova la propria ricchezza nella varietà delle storie e delle esperienze degli autori.
Ci sono economisti, filosofi, teologi, sociologi, operatori nel campo della giustizia riparativa, giornalisti, politici, urbanisti, imprenditori missionari, esponenti di associazioni e movimenti e quindi rappresentanti dei differenti carismi presenti nella Chiesa oggi. Le riflessioni seguono le principali direzioni che in questi mesi ha preso il dialogo intorno all’enciclica di papa Francesco, che per molti rappresenta “una ricapitolazione del Magistero sociale” (dall’Introduzione) del pontefice: il rapporto con il passato (Memoria), l’immaginazione del futuro (Sogno), il ruolo delle fedi per la promozione dell’uomo (Religioni), la comunità in cammino nella storia (Popolo), le speranze e le paure di un mondo in movimento (Frontiere).
Se la chiave di volta per dare corpo alla fraternità può essere rintracciata nella “rivoluzione della cura, fatta di tenerezza e di coraggio – è ancora De Simone a parlare – patrimonio condiviso, stile di relazioni e modalità di impegno capace di rigenerare dall’interno gli ambiti della vita comune e di ridare respiro alla progettualità politica”, non si può non pensare alla vita vissuta che sta dietro alle riflessioni raccolte in “Costruire un mondo nuovo”. Quando mons. Pizzaballa scrive che “purificare la memoria non significa cancellare la propria storia e la propria identità. Al contrario, vuol dire rimettere a fuoco e riappropriarsi di ciò che di fondante vi è in ogni personale e comunitaria esperienza religiosa e quindi anche nella propria identità di credente e di cittadino” (p. 20), è inevitabile figurarsi il dolore dei cristiani di Gaza, i dissidi identitari degli arabi israeliani, i profughi siriani e iracheni accolti e accompagnati con grande cura dalla Chiesa cattolica in Giordania. Allo stesso modo, se don Carmelo La Magra denuncia “un mondo che vive la globalizzazione come realtà ormai imprescindibile, ma che si lascia sopraffare dalla paura quando questa riguarda la libera circolazione degli esseri umani; non si riesce ancora a comprendere come le frontiere costituiscano un limite serio ad una nuova concezione di comunità umana” (p. 143), la mente va alle attese e alla disperazione di chi sbarca sulla sua isola e all’accoglienza che il sacerdote e la comunità parrocchiale riservano ai migranti e alla sepoltura compassionevole che non fanno mancare a chi ha perso la vita nella traversata.
Perché
“la realtà è tessuta di un sogno, quello dell’unità, e dobbiamo solo avere il coraggio di liberarlo”
conclude Pina De Simone.