“Bisogna lavorare per un mondo fraterno che ci apra alla cultura dell’incontro nelle nostre comunità religiose e che ci renda uniti al popolo. Far parte di un popolo significa far parte di un’identità comune, fatta di legami sociali e culturali. E non esiste un documento di identità che sancisca l’appartenenza, è un processo lento e difficile. Dobbiamo farci fratelli e sorelle per avere un progetto comune”. Lo ha detto padre Arturo Sosa Abascal, proposito generale della Compagnia di Gesù e presidente dell’Unione superiori generali (Usg), in apertura dell’Assemblea congiunta dell’Usg e dell’Unione internazionale delle superiori generali (Uisg) sul tema “Farci sorelle, farci fratelli. La vita consacrata al servizio della fraternità in un mondo ferito”. Padre Sosa ha indicato due punti fermi a guida dell’assemblea: il primo è “accogliere l’invito della ‘Fratelli tutti’ a unirci alla realtà dei feriti della storia, avendo il coraggio di avvicinarci, toccarli e curarli”; il secondo, invece, è “la sfida di far parte del popolo in cammino, ovvero la sinodalità, che deve essere il nostro modo di vivere e partecipare alla comunione ecclesiale”. “Come religiose e religiosi, ci troviamo nella condizione migliore per essere artigiani della pace e della giustizia. La pace – ha osservato il preposito generale dei Gesuiti – deve essere alla portata di tutto il popolo, non solo di un gruppetto. Dobbiamo superare le cause di esclusione per coinvolgere tutti nella vita sociale e politica. La migliore politica è quella di porci al servizio del bene comune, facendo sì che popoli e nazioni possano vivere un’amicizia sociale”.