“L’investimento nei nidi e nelle scuole dell’infanzia non può essere solamente un fatto di edilizia muraria… Vorremmo sentire parlare di servizi per bambini, bisogni educativi, formazione, sostegno alla genitorialità, argine al calo demografico. E, certamente, di parità”. Così Luigi Morgano, segretario generale della Fism, la Federazione italiana scuole materne, commenta a freddo il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La Fism rappresenta 6.700 scuole dell’infanzia paritarie, 2.300 delle quali forniscono anche servizi educativi per la prima infanzia, in poli integrati.
“La vera urgenza non è tanto quella – o solamente quella – di costruire nuove scuole…Tantomeno scuole materne… Piuttosto si tratta di creare davvero un sistema educativo per i bambini da zero a sei anni”, aggiunge Morgano, sottolineando la necessità che ciò avvenga “con un’integrazione tra pubblico e privato sociale, come già previsto da alcuni anni, ma sempre in attesa di realizzazione, questo al fine di consentire a tutte famiglie, anche quelle con difficoltà economiche, di poter accedere ai servizi per i loro bambini”. E proprio per difendere questa possibilità, da tre settimane la Fism è impegnata in una mobilitazione – il cui slogan è “Prima i bambini: parità e gratuità per l’infanzia” – accompagnata da una petizione (che su Change.Org sta arrivando a 130mila firme e ne ha raccolte altre decine di migliaia su carta) per chiedere a Governo, Parlamento, Regioni, Enti locali un piano di investimenti strutturale e adeguato nella dotazione a sostegno del segmento zero–sei anni, in particolare per le scuole dell’infanzia no profit. Ciò anche in ragione del servizio pubblico reso da decenni con standard di “qualità alta”, a fronte di una disparità nel sostegno economico statale che ha causato penalizzazioni non più accettabili per le famiglie e il personale.
In concreto, fanno sapere dai vertici Fism, “non è più rinviabile il traguardo di parità di costi a carico delle famiglie, per la frequenza dei figli alla scuola dell’infanzia e ai servizi educativi. Si tratta di una misura necessaria come sostegno alla genitorialità e alla parità di genere, ma pure come vero argine al decremento demografico”.