“Di fronte a questa nuova tragedia mi vengono in mente le parole della Scrittura sulla morte degli innocenti. Rachele piange i suoi figli perché non ci sono più: è anzitutto una grande sofferenza. Una mamma che piange i suoi figli, perché queste persone morte in mare sono dei figli. E io quando arrivano qui, a Lampedusa, le loro prime parole che sento da loro sono: ‘siamo vivi’. In questo caso, invece, questa loro grande ricerca di vita è stata spezzata”. Lo dice al Sir suor Franca Littarru, religiosa delle Piccole sorelle di Gesù che vive ed è impegnata a Lampedusa con l’intercomunità dell’Uisg, che aderisce al Forum Lampedusa solidale, alla luce della notizia della morte di circa 120 persone nel naufragio che si è verificato ieri nel Mediterraneo. “Dove trovare la speranza?”, si chiede. “Nella compassione – è la sua risposta –. Che mi fa gridare con le parole di Papa Francesco: ‘mai più’ queste tragedie. Poi, questa compassione mi mette in cammino per prendermi cura della vita e ascoltare le grida di aiuto di chi viene alle nostre porte e ci chiede di averle aperte perché vuole vivere”.
La speranza della religiosa, missionaria per 50 anni in Africa (“lì mi hanno aperto le loro porte”, riferisce) è che “ci venga il desiderio di amare la vita di ciascuno, che è nostro fratello, nostra sorella”. “Io mi rallegro per la vita degli altri. La loro vita fa vivere anche me. Essere qui a Lampedusa e accoglierli con un cuore amante mi dà dignità e mi dà vita”.