Il 25 aprile ricorre la Giornata mondiale della malaria e, con una testimonianza dal Sud Sudan, Medici con l’Africa Cuamm richiama l’attenzione su “questa malattia ormai sconosciuta in Occidente, che continua a causare migliaia di vittime ogni anno nei Paesi più poveri”.
Stando ai dati dell’Oms, 229 milioni di casi sono stati stimati nel 2019 nel mondo, il 94% dei quali in Africa; 409mila le morti. Nel 2020, nei 23 ospedali supportati da Medici con l’Africa Cuamm, sono stati diagnosticati oltre 2.166.000 casi di malaria, a cui sono collegate 1.261 morti. Il 39% dei casi erano bambini con meno di 5 anni, che sono stati anche, purtroppo, il 57% dei morti. Intanto, in un quadro già fragile, il Fondo globale per la lotta a Hiv, tubercolosi e malaria, denuncia che nel 2020, a causa del Covid-19, le diagnosi di malaria si sono ridotte del 31%, lasciando presupporre che saranno molte di più le vittime, non curate in maniera adeguata.
Dal Sud Sudan, dove Medici con l’Africa Cuamm sta portando avanti un progetto che mira proprio a migliorare la prevenzione e la diagnosi della malaria partendo dai villaggi dell’ex Stato di Amadi, arriva la testimonianza di Peninah Nabulega, ostetrica in servizio nell’ospedale di Lui, che negli ultimi giorni si è presa cura di Linda, una giovane madre che per la malaria ha già perso due figli.
“Linda Joseph è una donna di 26 anni – racconta l’ostetrica – che viene dalla contea di Mvolo, a oltre 80 km dall’ospedale di Lui, dove lavoro. Nella stagione secca il centro di salute da cui arrivava è distante quattro ore in macchina dall’ospedale, quando piove non è proprio raggiungibile. È alla sua sesta gravidanza, ma solo due bambini sono ancora vivi: le altre tre gravidanze non sono andate a termine, in due casi per colpa dell’infezione da malaria. È stata portata qui in ospedale dopo tre giorni di attesa in un centro di salute: si sentiva debole, aveva mal di testa e le gambe gonfie. Dopo due test diversi, abbiamo avuto la conferma che aveva di nuovo la malaria e l’abbiamo messa sotto trattamento. Era molto spaventata, perché ricordava come fossero andate a finire le altre due gravidanze a causa della malaria e purtroppo dopo un giorno di trattamento è iniziato il suo travaglio, prima del termine. È nato un bambino di un chilo e seicento grammi. È piccolo, ma stabile: mangia e prende peso. Linda ha finito il suo ciclo di cure e la stiamo per dimettere con il suo bambino. Insieme raggiungeranno i fratellini di quattro e sette anni al villaggio, dove il resto della famiglia li attende”.