Terra Santa: mons. Pizzaballa (patriarca Gerusalemme), “il buon pastore è colui che impedisce al lupo di rapire e disperdere le pecore”

Il buon pastore è colui che “impedisce al lupo di rapire e disperdere le pecore” mentre i cattivi pastori sono coloro che “invece di pascere il gregge, pascono se stessi”, e così facendo “disperdono le pecore” rendendole “sbandate e preda di tutte le bestie selvatiche”. È tutta incentrata sulla figura del buon pastore la meditazione del patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, al Vangelo della Domenica (25 aprile, IV di Pasqua). Due sono i pericoli che minacciano il gregge: “Che le pecore siano rapite e che siano disperse. Il lupo vuole rapirle, cioè farle diventare sua proprietà, svincolarle dalla relazione con il pastore, strapparle dalle sue mani. Vuole interrompere la relazione buona che c’è tra il gregge e il suo pastore. E poi vuole disperderle: il lupo mira a questo, a disperdere il gregge, a dividerlo. Che non sia più un gregge, ma pecore sparse, che vanno ognuna per la propria strada”. Venendo meno la relazione con il pastore, “di conseguenza, inevitabilmente, viene meno anche la relazione tra i membri del gregge: non c’è più nessuno che li tenga uniti”. Per salvare il gregge da questi due pericoli, scrive Pizzaballa, “non basta un semplice mercenario: al mercenario non interessa il gregge, non ha con le pecore una relazione di appartenenza, di amicizia. Di fronte al pericolo, il mercenario non mette a rischio la propria vita. Al contrario, il buon pastore conosce e raduna”. E conoscere, sottolinea il patriarca, “è un sinonimo di amare, si conosce solo ciò che si ama”. La relazione del Buon Pastore con il suo gregge è “la stessa relazione di intimità e di amore che Lui ha con il Padre: è il pastore buono perché ci vuole condurre lì, a questa vita bella di relazione con il Padre suo”. Per questo che  il pastore buono vuole prendersi cura anche delle “altre pecore da radunare perché insieme formino un solo gregge”. “La salvezza che offre – continua la meditazione –  è proprio questo radunarsi insieme: non un’individuale ed esclusiva relazione con Lui, ma una comunione che circola, che vuole allargare confini e spingere oltre l’amicizia, che attira tutti”. E perché tutto questo accada, “Gesù dà la vita. Attraverso questo gesto Gesù ritroverà i suoi fratelli, noi, salvati e strappati dalle mani del nemico che voleva rapirci, e ricondotti a camminare verso una vita di sempre più profonda e vera comunione con il Padre, dietro di Lui e come Lui”.

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