“Nasce tutto dal fatto che ci sono società molto indebitate e che probabilmente con il calcio nazionale non riescono a rientrare degli investimenti e hanno intravisto nella Superlega la possibilità di guadagnare quei soldi, per questo Andrea Agnelli e gli altri presidenti hanno provato questa cosa che a mio parere non era fattibile”. Lo ha detto al Sir l’ex calciatore Enrico Albertosi, commentando la vicenda che in questi giorni ha coinvolto e sconvolto il mondo del calcio. Nello specifico, nella notte tra domenica 18 aprile e lunedì 19, dodici tra le maggiori squadre dei campionati europei (Juventus, Inter, Milan, Manchester United, Manchester City, Liverpool, Chelsea, Tottenham, Arsenal, Real Madrid, Atletico Madrid e Barcellona) aderiscono a una nuova competizione: la Superlega. Le reazioni del mondo sportivo e non sono molteplici. Fifa e Uefa minacciano di squalificarle dalle proprie competizioni, giocatori compresi per Mondiali ed Europei. È contro la Superlega anche la maggioranza dei tifosi, come pure allenatori e giocatori. In quarantotto ore le sei squadre inglesi rinunciano al progetto, seguite poco dopo dalle altre. La vicenda si è conclusa con un nulla di fatto, ma ha portato con sé diversi strascichi e polemiche. In particolare, per Albertosi, “si è andata perdendo la visione ‘romantica’ del gioco, secondo la quale chiunque può competere con chiunque e vincere. La speranza e le grandi imprese sono state sempre alla base di qualsiasi sport, in particolare del calcio. Ci sono storie di grandi vittorie che dimostrano che i soldi non sono tutto. Il calcio deve tornare a essere della gente”.
Della stessa visione “romantica” del calcio è anche Italo Cucci, giornalista sportivo di lungo corso. Tuttavia, ha spiegato al Sir, “la Superlega è figlia di una problematica che affligge il calcio da tempo: Fifa e Uefa utilizzano squadre e giocatori facendo incassi favolosi e lasciando poco o nulla alle società”. Per questo, sottolinea il giornalista, “non credo che la Superlega sia stata una ‘furbata’ dei top club, perché il problema esiste già da tempo e si è acuito con la pandemia che ha svuotato gli stadi e le casse delle squadre, già piene di debiti”. Per Cucci, inoltre, non è pensabile “fare la morale” se “poi i campionati del mondo di calcio vengono assegnati a un Paese, come il Qatar, che ha violato ogni diritto umano per l’organizzazione”. Il sistema calcio, ha concluso, deve “essere aggiornato con un ritorno, non dico, alle origini, ma a una gestione più sana e ridimensionata. È diventato un business troppo grande che deve per forza essere rivisto, aggiornato e cambiato”.