“Gli studenti delle scuole secondarie hanno giudicato i loro professori con molta severità: poco capaci di motivare e di tenere alta l’attenzione della classe, di valutare con obiettività e trasparenza, di creare momenti di riflessione sull’esperienza personale legata all’emergenza sanitaria”. Lo riferisce uno studio dell’Università Lumsa effettuato tra marzo 2020 e marzo 2021. Due le indagini realizzate sulla didattica a distanza, in collaborazione con Docsity, su un campione di studenti delle scuole secondarie e universitari.
Nella prima è stato chiesto agli studenti delle scuole secondarie (primo e secondo grado) di valutare, con una vera e propria pagella, i propri docenti durante il periodo della Dad. L’esito, nonostante la promozione dei professori (78% per le scuole secondarie di primo grado, 57% per quelle di secondo), ha restituito un “quadro poco incoraggiante”. La seconda ha visto il coinvolgimento degli universitari che hanno avuto modo di esplicitare la loro esperienza Dad spiegando le ripercussioni sulle abitudini di studio e sul loro stato di salute mentale. “Le domande poste agli studenti hanno riguardato la valutazione della Dad e gli effetti sul loro stato di salute mentale. Da Nord a Sud, tutti hanno manifestato diversi motivi di sofferenza”, spiega la docente che ha coordinato gli studi, Caterina Fiorilli.
I voti più bassi li hanno ricevuti i docenti del Centro e del Nord, in particolare quelli degli istituti superiori. “Agli universitari invece abbiamo chiesto come sono stati in questi lunghi mesi di Dad e come questa esperienza ha cambiato le loro abitudini di studio e le loro motivazioni nel proseguire il proprio percorso accademico. Le emozioni provate più frequentemente sono state: il senso di vuoto, la tristezza e la paura del futuro, accompagnate da chiari segni di difficoltà nella concentrazione e nella memorizzazione. Quelli più a disagio, tanto da parlare di burnout accademico, risultano essere le matricole. Gli Atenei del Nord hanno la percentuale più alta di studenti in grande difficoltà emotiva e cognitiva, rispetto allo studio. Mentre l’alto rischio di abbandono del percorso universitario vale per tutti, senza distinzione geografica”.